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In Aquis Fundata. La recensione

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SINOSSI
Un maestro d’ascia, una campionessa del remo, un operaio subacqueo, un mercante ittico e un pescatore: cinque veneziani continuano a trovare nell’acqua il senso di questa città unica. Sono i detentori di una gloriosa tradizione millenaria che ha generato Venezia. Resistendo al declino, allo spopolamento e alle modifiche morfologiche del loro territorio mantengono vivo un rapporto privilegiato con l’acqua, l’elemento che ha permesso alla città di imporsi come una potenza mondiale per secoli. Fuori dall’immagine stereotipata da cartolina, protagonisti marginali e quasi invisibili sono gli ultimi veri veneziani.

Recensione
In una città le cui acque sono le uniche mura, sulle cui fondamenta ne fluttua la storia, il passato e il futuro s’incontrano fusi nel malinconico restauro d’un tempo perduto.

Una Venezia “inverosimile più d’ogni altra città” viene a galla nell’eco della reminiscenza dei cinque veneziani che s’apprestano a parlarci delle loro radici nell’acqua (af)fondate.

Un maestro d’ascia, una campionessa del remo, un operaio subacqueo, un mercante ittico e un pescatore ci narrano di come nell’acqua si fondi questa laguna sospesa ed arresa alla propria sorte. E quelle acque salmastre che eressero vette di un grande passato maestro nell’arte, nell’artigianato e nel commercio, screditano ora ogni futuro allievo che, paralizzato dalla soggezione dell’eredità, forse ne teme lo scettro.

O forse è il rispetto ad essere lacuna di generazioni codarde che troppo atterrite da quel galleggiare, si arroccano su saldi terreni assai meno insidiosi e ben più comprensibili. Parole sommerse ancorate alle disillusioni, appaion sommesse le voci dei concittadini che cedono posto a una fine, come al risveglio di un sogno.

Ma oltre i ricordi dei cinque evocanti rimandi d’argento vivo, il regista Andrea De Fusco ci tiene a svelar di Venezia lo sguardo, che spinge ad emergere protagonista.

Dall’abisso sorge l’occhiata di questa austera laguna, la cui omessa versione pretende dal pubblico ogni attenzione. E se i veneziani ricordano ciò che era ed è stata Venezia, è soprattutto la città a non dimenticar sé stessa che, lungi dall’essere oggetto passivo del documentario, reclama il suo ruolo con ardente discrezione.

La fotografia rileva accurata il contrasto tra uomo e laguna, per concedere a entrambi una degna investitura.

Nel punto dove il tangibile cessa e sopraggiunge l’onirico punto di vista, il montaggio non disdegna dissolvenze incrociate più che mai appropriate. Le musiche di Yakamoto Kotzuga ovattano i luoghi di una realtà malinconica.

In Aquis Fundata presentato in concorso al RIFF Awards 2017, rivela un apocalittico spaccato di una delle città più affascinanti al mondo che porta alla luce la sua sommersa prospettiva.

Alessandra Picinelli

 

 

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