Legge sul Copyright, pensavate che fosse finita? Il 12 settembre a Strasburgo il Parlamento europeo voterà sulla direttiva di riforma.
A Giugno ByoBlu aveva lanciato sul suo sito una petizione ai membri del Parlamento europeo affinché non ratificassero la direttiva Ue già approvata dalla Commissione giuridica. L’articolo 11, secondo la rete infatti, costringe chiunque utilizzi snippet di contenuti giornalistici online ad ottenere una licenza dall’editore (è chiaro che per le piccole realtà è irrealizzabile). L’articolo 13 invece obbliga le piattaforme digitali a filtrare i contenuti pubblicati dagli utenti e quindi, secondo gli accusatori, imbriglia la libertà di opinione.
Se queste sono le paure del “popolo”, diversamente la pensano le grandi realtà editoriali. Oggi, con una lettera aperta pubblicata a partire da oggi sui giornali italiani, la Fieg, Federazione Italiana Editori Giornali, e l’Enpa, l’associazione degli editori europei, chiedono ai parlamentari di Strasburgo di votare a favore dell’introduzione di un “diritto connesso” per gli editori di giornali, così come previsto dall’articolo 11 della proposta di direttiva Ue sul diritto d’autore nel mercato unico digitale.
“L’introduzione di un diritto connesso – spiega una nota diffusa dalla Fieg – tutelerebbe l’informazione professionale, libera e indipendente in Italia e in Europa, consentendo a tutte le aziende editoriali, indipendentemente dalla loro dimensione, di ottenere la giusta remunerazione per il proprio lavoro”. “All’appello degli editori italiani ed europei si uniscono le associazioni dei giornalisti europei e l’intera filiera dei produttori di contenuti, schierati a difesa del diritto d’autore online e della centralità della stampa nella società civile”, si sottolinea ancora. Nella lettera, firmata dal presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti, e dal presidente dell’Enpa, Carlo Perrone, si legge che gli editori “VOGLIONO DIFENDERE LA DEMOCRAZIA E IL DIRITTO DEI 150 MILIONI DI LETTORI EUROPEI AD UNA LIBERA STAMPA”.
L’introduzione del diritto connesso, scrivono, “garantirà la sopravvivenza della stampa, minacciata dalla distribuzione massiva di contenuti ad opera dei grandi aggregatori digitali; consentirà alle aziende editoriali, grandi e piccole, di ottenere la giusta remunerazione per il proprio lavoro; contribuirà a difendere i giornalisti e il loro lavoro; riequilibrerà la differenza di valore tra stampa e piattaforme digitali”. E ancora “garantirà le libertà individuali, mantenendo la possibilità per gli utenti della Rete di essere attori partecipi dei social network, produrre blog, condividere opinioni, foto e link”.
Ma è davvero così?
Poniamo il caso che la legge entri definitivamente in vigore. Cosa accadrà concretamente? Il blogger Messora ce lo aveva spiegato così: “Internet, da strumento di discussione e di libertà che ha modificato sostanzialmente in questi anni il tessuto sociale, diventerà strumento oscurantista e medievale, braccio destro di una società orwelliana peggiore delle più nefaste previsioni. In pratica si consegnerà agli editori e a tutto l’establishment che sta dietro di loro, la possibilità di operare una censura preventiva sul web, impedendo il dibattito civile, ponendo dei tasselli e dei balzelli su qualsiasi frammento di articolo prodotto da un giornale, in maniera che chiunque volesse soltanto linkarlo non potrà più farlo senza aver acquisito una licenza a priori. Significherà in pratica silenziare il confronto pubblico, disattivare la possibilità di utilizzare la rete per costruire un’ opinione, e fare in modo che le uniche opinioni possibili siano quelle dei grandi editori assimilabili al potere”.
Quindi, per la rete che oggi offre informazione alternativa, si tratterrebbe di una sorta di censura legale “con l’obiettivo di impedire che i cambiamenti sociali e politici arrivino dal basso” come accusa Messora.
Se Internet fino ad ora ha reso dura la vita in tutti questi anni a quanti erano intenzionati a indirizzare in un certo modo la società (vedasi le elezioni americane, al referendum costituzionale in Italia e alla Brexit), cosa succederà dopo il 12 settembre se dovesse passare la riforma ai social e ai media così come oggi li leggiamo in rete?
Il governo a luglio si era già dimostrato intenzionato a bloccare la legge. Il M5S d’altronde è nato in rete ed ha al suo interno tanti strenui difensori della libertà sul web. E anche la Lega ha molti esponenti nati in rete, che proprio grazie ai social si sono fatti conoscere entrando in Parlamento. La battaglia non mancherà.