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Conto alla rovescia per un default

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E’ iniziato un count down da cardiopalma, quello sul debito Usa. Dopo il fallimento delle trattative fra lo speaker della Camera degli Stati Uniti il repubblicano Kevin McCarthy e il presidente Joe Biden sull’innalzamento del tetto del debito pubblico americano, si attende il default. Mercoledì 24 maggio la Segretaria al Tesoro Janet Yellen ha dichiarato che i segni di stress del mercato stanno iniziando ad emergere con l’avvicinarsi della data X (l’1 giugno) e che purtuttavia l’amministrazione Biden non si sta preparando per un default. Giovedì 25 maggio ha rincarato la dose l’agenzia di rating Fitch dichiarando che il debito pubblico statunitense potrebbe essere declassato.

Perché lo speaker repubblicano della Camera McCarthy e Biden non sono riusciti a raggiungere un accordo per l’innalzamento del tetto del debito Usa? Come sempre lo Speciale vuole vederci chiaro e illustrare ai lettori tutti i retroscena. Nel corso della trattativa McCarthy e i suoi negoziatori hanno ripetutamente avvertito la Casa Bianca che un accordo per l’innalzamento del tetto del debito non sarebbe stato possibile, se il presidente Biden non avesse accettato di tagliare le spese il prossimo anno. La Casa Bianca non ha voluto accettare questa condizione per concludere l’accordo, in quanto Biden vuole continuare a spendere ad libitum. Il pilastro centrale del dibattito sul tetto del debito si preannuncia essere la cd. “spesa discrezionale”. Vale la pena di sottolineare che nell’anno 2022 la spesa discrezionale degli Usa ha raggiunto l’esorbitante importo di 1,7 trilioni di dollari, pari al 27% del 6,27 trilioni di dollari spesi complessivamente secondo i dati federali. E la spesa militare in genere rappresenta circa la metà di questo importo totale. Qui sta il punto! Se Biden facesse l’accordo con i repubblicani, che sono in maggioranza alla Camera, questi ultimi costringerebbero l’amministrazione Biden a tagliare le spese, soprattutto quelle del settore militare. Perciò il presidente degli Stati Uniti non sarebbe più totalmente libero di inviare valanghe di quattrini all’Ucraina, a titolo di aiuti e armamenti, o ad altri destinatari della colossale spesa militare complessiva americana. Evidentemente questo per qualcuno a Washington è inaccettabile. E così in una snervante partita di poker gli Usa rischiano il default. Se l’amministrazione degli Stati Uniti finisse in default, lo scenario sarebbe veramente fosco, basta ricordare quello che è già successo nel 1929. A risentirne per primi sarebbero i dipendenti della pubblica amministrazione più indotto, cioè un numero di persone che vanno dai tre agli otto milioni. Poi va considerato che i titoli di stato Usa – ritenuti titoli a prova di fallimento – sono utilizzati in tutto il mondo come base del sistema finanziario. Per cui un default innescherebbe una crisi finanziaria ed economica globale: allacciate le cinture di sicurezza, la caduta non sarà morbida.

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