Tratto dal libro del italo americano Don DeLillo, Cosmopolis ci catapulta in un mondo ossessionato dalla finanza, dove non c’è spazio per i sentimenti, facendoci vedere da dentro l’implosione di un impero, una decadenza in progress. Il protagonista Eric Packer (Robert Pattinson), re della finanza, passa la sua vita chiuso nella sua avvenieristica limusine/ufficio dove controlla maniacalmente i suoi affari al riparo dalla società e da minacce di morte. Cronenberg crea un film visionario e claustrofobico e ancora una volta (vedi Inseparabili) focalizza la sua ossessione sui corpi/macchina dove l’imperfezione (la prostata asimmetrica di Eric) diventa metafora di un modo di vedere la vita e quindi per Eric i mercati globalizzati. Infatti il suo metodo che ripropone la perfezione della natura nel campo dei titoli azionari fallisce miseramente quando non riesce a prevedere l’andamento dello yen. Questo fatto fa crollare tutte le sue certezze lasciando un vuoto distruttivo dentro di lui. Se il libro era profetico, il film diventa addirittura incipit del movimento Occupy Wall Street, rivelando tutta la sua contemporaneità. Sono i dialoghi (che a volte sfiorano il calligrafismo nei confronti di Don DeLillo) la vera croce e delizia di questo film. A volte troppo ridondanti altre brillanti e surreali. Certamente non la sua opera migliore ma va riconosciuto al maestro canadese la capacità di essere ostinatamente profetico e di saper ben indirizzare il suo sguardo sul mondo.
Vittorio Zenardi