Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rimosso il capo della comunicazione della Casa Bianca Anthony Scaramucci, in carica da soli dieci giorni. Secondo alcune autorevoli testate Usa, a chiedere il licenziamento di Scaramucci è stato il nuovo capo dello staff della Casa Bianca, l’ex generale John F. Kelly.
Il licenziamento di Scaramucci è arrivato a pochi giorni da quello di Sean Spicer, ex capo ufficio stampa, e a poche ore da quello dell’ex capo dello staff Reince Priebus.
Scaramucci è solo l’ultimo di una lunga serie di licenziamenti, come se il magnate sia convinto di essere ancora sul set del suo reality per dispensare «You are fired». L’ultimo dei licenziati è rimasto in carica 10 giorni: Anthony Scaramucci, ex banchiere d’affari (che pagò 100 mila dollari perché il logo del suo fondo comparisse nel seguito del film «Wall Street») è diventato direttore della Comunicazione della Casa Bianca il 21 luglio ed è stato licenziato il 31. Poco o niente, da un lato. Ma abbastanza per farsi lasciare dalla moglie, subito dopo la nascita del secondo figlio (il 24 luglio) e per riempire di parolacce un giornalista del New Yorker. Che ha registrato tutto. Secondo la rete televisiva Fox News, dietro la cacciata di Scaramucci c’è il nuovo capo di gabinetto John Kelly, ex ministro per la Sicurezza Interna (Homeland Security). Kelly ne ha chiesto la testa infastidito dal suo modo di fare sbrigativo e rozzo.
Ma a ben guardare tra le pieghe di questo caos forse c’è una logica. Ha scritto Mattia Ferraresi sul Foglio: «Ma forse dall’inizio l’assunzione di Scaramucci non era che una manovra calcolata per tagliare un paio di teste fondamentali nello staff senza sporcarsi troppo le mani, rimettendo il mandato di sistemare una Casa Bianca immersa in un caos primigenio nelle mani di Kelly, militare che ha visto livelli di confusione simili a quelli dell’Amministrazione nelle zone di guerra, dal Vietnam all’Afghanistan».
E’ il “metodo Trump” che Giuseppe Sarcina, corrispondente del Corriere da Washington, spiega così: Era il suo metodo di gestione aziendale quando era un businessman; è il suo sistema di governo, da quando si è candidato alle presidenziali. «La realtà sta dimostrando che le due immagini non sono in contraddizione. Il presidente si comporta come un autocrate, ma il risultato, paradossalmente, è l’anarchia organizzativa, con fazioni impegnate in uno scontro per la «sopravvivenza».