Sono passati quasi 500 anni dalla morte di Isabella d’Este, avvenuta nel 1539, ma rimane ancora forte l’interesse per questa donna che continua a coinvolgere, sedurre e attrarre per la sua originalità che l’ha fatta primeggiare in più campi. Infatti proprio in questi giorni nel Palazzo Ducale di Mantova si dedicano mostre ed eventi per approfondire la sua poliedrica ed esuberante personalità partendo dalle svariate testimonianze della sua vita così avventurosa, come certificato dai documenti presenti negli Archivi di Stato.
Mecenate, collezionista, statista e valida politica, abilissima nelle relazioni diplomatiche, ma anche stilista, esperta di botanica, di cosmetica, di animali: tante doti che ne hanno fatto un modello seguito da molte altre donne nelle corti europee.
Tiziano e Leonardo, con il quale scambiò una fitta corrispondenza per anni, come pure Mantegna e Rubens, dipinsero suoi ritratti, presenti oggi nei più importanti musei del mondo, che ci consegnano la bellezza, la vivacità e l’eleganza che segnarono questa primadonna del Rinascimento italiano. Figlia di Ercole, duca di Ferrara, e di Eleonora d’Aragona, figlia del re di Napoli, sposò a 16 anni Francesco Gonzaga marchese di Mantova.
I suoi genitori le avevano dato un’educazione uguale ai suoi fratelli. Studiò greco e latino che, anche dopo sposata nella splendida corte dei Gonzaga, continuò ad approfondire. Divenne grande mecenate dei più alti nomi della cultura di allora: Perugino, Leonardo da Vinci, Raffaello, Andrea Mantegna, facevano parte della sua cerchia insieme con Ludovico Ariosto, Baldassare Castiglione, il grande architetto Giulio Romano e i musicisti Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara.
Il suo amore per l’arte ne fece presto una raffinata collezionista e fu lei la prima in Europa a lanciare la moda di una galleria personale dove raccogliere le sue acquisizioni. Chiamò queste stanze il suo ‘Studiolo’ o i suoi ‘Camerini’: qui i suoi ospiti potevano ammirare i suoi quadri, i suoi libri e i vari strumenti musicali da lei raccolti, e anche suonati. Il destino la volle in stretto contatto con tutte le corti più in vista del tempo, essendo per relazioni familiari legata agli Sforza, ai Borgia e ai Montefeltro. Durante la sua esistenza ebbe numerosi e burrascosi scambi epistolari con pontefici e sovrani come documentato nelle oltre duemila lettere, prove delle sue iniziative e del suo acume politico.
Nel 1527 ottenne per suo figlio Ercole Gonzaga una nomina a cardinale, donando 40.000 ducati a Clemente VII, assetato di denari, per difendersi dagli attacchi delle truppe imperiali che incombevano sulla città Eterna. Quando i Lanzichenecchi piombarono su Roma, eccola a Palazzo Colonna da dove con sapiente diplomazia e strategia riuscì a scampare, con pochi altri fortunati, le razzie del famigerato ‘Sacco’. Isabella si era rifugiata nella sua residenza romana di Palazzo Colonna, assieme a migliaia di nobili romani, per sfuggire alle truppe capitanate da suo nipote Carlo di Borbone e da suo figlio Ferrante Gonzaga. Mentre l’esercito imperversava sulla città, la residenza di Isabella fu l’unica ad essere risparmiata. Tutti i beni e gli oggetti d’arte vennero imbarcati a Civitavecchia ed ella proseguì via terra attraverso Urbino e Ferrara, fino a Governolo dove era attesa dai due figli Federico ed Ercole. Il 14 luglio 1527 fece finalmente ritorno a Mantova, ma l’imbarcazione con tutti i suoi oggetti preziosi cadde in mano a dei pirati con i quali fu necessaria una trattativa per negoziare un riscatto.
L’amore per l’arte, che rese la corte di Isabella tra le più illustri d’Europa, fu trasmesso ai suoi figli, come testimoniato dalla costruzione del Palazzo Te commissionata da Federico II Gonzaga al noto Giulio Romano, avviata nel 1524 e conclusasi nel 1534, dove si possono ammirare splendidi affreschi come quello realizzato nella “Sala dei Giganti”. Federico intanto era diventato Duca di Mantova, conferimento ottenuto da Carlo V subito dopo l’incoronazione di questi come imperatore e l’entrata trionfale a Mantova.
Sebbene nell’ultima fase della sua esistenza conducesse una vita più ritirata, Isabella non rinunciò mai a spostarsi per incrementare la sua collezione. Nel 1538, qualche mese prima di morire, si recò a Venezia con suo figlio Federico per acquistare alcuni pezzi antichi della collezione veneziana di Antonio Foscarini e vi rimase fino a metà novembre, quando la sua salute era ormai compromessa. La malattia la condusse alla tomba il 13 febbraio 1539 e la marchesa scelse una sepoltura sobria nel convento di Santa Paola.
La morte di Isabella privò il Rinascimento italiano di una delle figure più splendenti e influenti. Il suo gusto estetico e il suo fascino, dimostrato per tutto l’arco della vita nelle diverse occasioni che la videro protagonista, erano il riflesso di uno spirito arguto e avido di conoscenza e bellezza. Ella dedicò la sua vita alla ricerca di opere d’arte pregiate e si tenne sempre informata su quanto avveniva intorno a sé. Ella si distinse per le doti del suo spirito, che volle nutrire con il sapere, e per il coraggio delle sue determinazioni incarnando alla lettera il suo splendido motto:
“Nec spe nec metu” (senza speranza né timore).