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Twitter, il grande colpo (alla libertà?) di Musk

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Forte e squillante nella testa di tutti in questi giorni, il cinguettio della fenice di Twitter che risorge dai 44 miliardi di dollari che Elon Musk decide di sborsare in nome della “libertà d’espressione”.

Una notizia che ha lasciato sbigottita tutta la community online nell’ultima settimana e che lascia, senza ombra di dubbio, spazio a domande, preoccupazioni e confusione.

La folle operazione del miliardario risulta essere il più grande acquisto effettuato da parte di un privato negli ultimi vent’anni; anche per questo motivo, l’interrogativo che giace ed a tratti stenta ad uscire dalla bocca di tutti è sempre lo stesso: “Perché?”.

Procedendo a piccoli passi, iniziamo col dire che, secondo le dichiarazioni di Musk, il movente del “grande colpo” sarebbe quello di permettere nuovamente alla comunità online di disporre di una piattaforma social priva di censura o moderazione “spropositata”.

Il paladino del free speaking mira dunque ad un cambio di rotta deciso, quasi un gesto di sfida verso la cultura del politically correct che pervade ormai da tempo la realtà dei social network. Per giustificare questa posizione forte, l’imprenditore parla poi di democrazia, una democrazia in bilico che, ai suoi occhi, ha bisogno di ritrovare uno dei suoi fondamenti originali, appunto, la libertà di esprimersi liberamente ed in maniera trasparente.

Un briciolo di ipocrisia sembrerebbe però trapelare da queste dichiarazioni non appena le si guardi con occhio più attento.

Twitter, a differenza degli altri giganti nel campo, permetteva agli utenti di utilizzarne le piene funzioni senza doversi registrare con il proprio “nome reale” o altri dati personali; il timore che sta facendo riflettere l’opinione pubblica è infatti legato proprio al mercato del cosiddetto “nuovo petrolio”, in altri termini parliamo dei dati personali.

In una realtà plasmata e continuamente bombardata dalla condivisione di dati, l’ipotesi che un privato possa avere libero accesso a nomi, cognomi ed indirizzi di milioni di utenti non è certo rassicurante; vale un momento di riflessione anche il fatto che, a differenza di altre piattaforme di messaggistica come Whatsapp, i messaggi privati di Twitter non sono protetti dalla “crittografia end to end” che protegge le nostre chat da occhi indiscreti. Basta poco, dunque, per intuire che alla lista degli elementi personali a rischio diffusione si possono dire aggiunti a pieno titolo anche le nostre conversazioni private.

Ma il discorso sulla democrazia? Regge ancora? Democrazia non vuole dire solamente libertà di espressione, dovrebbe voler dire anche diritto alla privacy, tutela dei diritti fondamentali e rispetto dei confini che delimitano la sfera personale di ogni singolo individuo.

L’impressione che si può avere, guardando al sistema democratico odierno con occhio critico, sarebbe proprio quella di una democrazia distratta, che si fa raggirare da qualche effetto speciale e dalla “giusta quantità di denaro”, una democrazia che Elon Musk vuole “salvare” ma che allo stesso tempo rischia di attaccare ulteriormente.

Ció che sicuramente non si può contestare al magnate statunitense è il suo saper stare continuamente al passo con i tempi, prima con le auto elettriche, poi lo spazio , ora i big data e la comunicazione.

Quanto è sottile, allora, la linea tra evoluzione e contraddizione?

Di Gianluigi Gazerro

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