Italia di nuovo il malato d’Europa? Per la stampa estera siamo già a rischio default

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Mentre i giornalisti economici italiani si dilettano con riforma del catasto, improbabili tagli delle tasse e litigi sul superbonus, i colleghi stranieri hanno studiato attentamente lo stato dei nostri conti pubblici e cominciano a preoccuparsi. Si stanno domandando, spread alla mano, se non sia il caso chiedersi se il Belpaese si sta avvicinando di nuovo, nonostante il governo “dei migliori”, al rischio default. Oggi se lo chiede tra gli altri Ambrose Evans-Pritchard, non esattamente l’ultimo arrivato dato che l’ex corrispondente dell’Economist è attualmente business editor del prestigioso quotidiano conservatore Daily Telegraph.

Secondo Evans-Pritchard possiamo già parlare di allarme crisi del debito. Notando che lo spread è attualmente più alto di quando Draghi prese il posto di Conte a capo del governo, ha fatto capire che neanche il prestigio del nuovo premier è sufficiente per fare scudo all’Italia di fronte ai nervosismi dei mercati internazionali. La sua analisi, rigidamente basata sui dati, è spietata e smonta la narrativa che vedrebbe l’Italia – guerra permettendo – in piena ripresa.

“L’Italia ha oggi un debito pubblico del 151% del PIL”, spiega. Quindi in netto aumento rispetto al 134% di prima della pandemia e molto più alto del 120% che nel 2011 sembrò sufficiente a mandare il paese sull’orlo del default. Questo aumento è stato finora ignorato perché non ha danneggiato il nostro sistema finanziario, in quanto la BCE, assorbendo l’emissione del nostro debito, ha in pratica eliminato il rischio di mercato. Francoforte, è bene ricordarlo, ha comprato quasi il 40% del Pil tricolore acquistando 722 miliardi del nostro debito pubblico. È alla Bce, non a qualche fantomatico miracolo economico guidato da Palazzo Chigi, che dobbiamo la nostra sopravvivenza.

Ma questo periodo sereno potrebbe finire presto, perché gli acquisti di obbligazioni della banca centrale, già in riduzione, dovrebbero interrompersi del tutto già a giugno: lasciata da sola a confrontarsi di nuovo col mercato l’Italia scoprirà molto presto che il suo debito potrebbe andare tutt’altro che a ruba, se non con rendimenti molto alti e quindi insostenibili.

E le cose potrebbero peggiorare ulteriormente quando, al più tardi tra un anno, Draghi uscirà dalla scena. I mercati sembrano infatti cominciare a innervosirsi anche perché sanno che le prossime elezioni potrebbero portare al potere Fratelli d’Italia, partito considerato ovunque in Europa una formazione di estrema destra euroscettica. È vero che la Meloni non deve scontare le accuse di filoputinismo mosse a Marie Le Pen, essendosi immediatamente schierata tra gli atlantisti nel conflitto che vede contrapposte Russia e Ucraina, ma le sue posizioni sullo strapotere di Bruxelles, soprattutto per quanto riguarda le regole fiscali, rendono molti investitori timorosi che un’Italia guidata da FdI sarebbe poco affidabile nel pagamento dei suoi debiti.

Ci siamo abituati a pensare che la BCE è pronta a difendere l’Italia dalle tempeste finanziarie qualsiasi cosa accada, ma il periodo dorato di unità d’intenti venuto col Covid è ormai interrotto e i venti inflazionistici sembrano aver fatto tornare i paesi nordici ai loro vecchi istinti di conservazione: per questo motivo è probabile che già nella seconda metà del 2022 il nostro Paese dovrà cominciare a camminare in autonomia, e non è detto – è la conclusione di Evans-Pritchard – che riuscirà a reggersi in piedi. Ci auguriamo di cuore che sbagli, ma non c’è dubbio che sarà bene riflettere sulle nostre debolezze se non vogliamo che, da malato d’Europa, diventiamo la prima vittima della nuova economia di guerra.

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