C’è un gioco che va molto di moda da quando è cominciata la guerra in Ucraina. È il gioco dell’Apocalisse e consiste nell’immaginare in che modo il conflitto potrebbe degenerare in una guerra atomica, con tutte le catastrofiche conseguenze del caso. Inutile dire che si tratta di un gioco assai poco divertente. Ma, tant’è, è pur sempre un modo, scioccante ancorché salutare, per tentare di tenere sveglie le coscienze e di impedire che l’opinione pubblica internazionale avalli supinamente decisioni potenzialmente pericolose dei governi.
In questo gioco si sono dilettati in questi giorni gli scienziati della rivista “Bulletin of the Atomic Scientists” dell’Università di Chicago. Utilizzando la metafora dell’orologio, hanno stimato che mancherebbero solo 90 secondi alla mezzanotte, ora fatale della fine del mondo causata da una guerra nucleate. A beneficio di chi non lo sapesse, precisiamo che questa iniziativa va avanti dal 1947, cioè dall’alba della guerra fredda. Da allora, ogni anno, gli scienziati pubblicano un rapporto sul rischio Armageddon. Il loro discorso è sintetizzato dalle escatologiche lancette che si muovono verso l’ora dell’Apocalisse.
Scongiuri a parte, la fosca stima degli scienziati del “Bulletin”, è che, mai come nel 2023, siamo vicini alla fine della civiltà umana, almeno per come l’abbiamo conosciuta fino ad ora. Se oggi, alla mezzanotte dell’Armageddon, mancano 90 secondi, nel 2022, alla vigilia dello scoppio delle ostilità in Ucraina, i secondi erano 100. Nel 2020, nell’infuriare della pandemia (la propagazione di virus letali è un’altra angoscia collettiva) i secondi erano invece 120. Quando, 76 anni fa, lanciarono l’orologio dell’Apocalisse, gli scienziati atomici di Chicago, fissarono le lancette alle ore 23.53. Da allora a oggi, l’orario è stato cambiato 23 volte. La massima distanza dall’Apocalisse fu stabilita tra il 1991 e il 1995: 17 minuti alla mezzanotte. Erano gli anni della fine della guerra fredda e degli accordi Start, quelli sulla riduzione delle armi nucleari strategiche (i missili intercontinentali).
Allora, c’è veramente da aver paura? Gli scienziati atomici non fanno previsioni ma ammonimenti. Ci segnalano cioè che il rischio del ricorso alle armi atomiche è oggi più forte che in passato. In questo senso, gli studiosi del “Bulletin” esprimono una preoccupazione diffusa a più livelli: militari, politici, psicosociali.
I motivi sono diversi. Innanzi tutto c’è lo squilibrio di forze che s’è creato dopo la fine della guerra fredda. Il fatto che l’unica superpotenza rimasta siano gli Stati Uniti non ha allontanato i rischi di guerra, li ha in realtà aumentati, perché ha dato agli Usa l’illusione, pericolosa, di poter stravincere la guerra fredda, vale a dire di annullare il peso internazionale della Russia riducendola a potenza regionale e tentando di privarla anche della possibilità di rendere sicuri i propri confini. Di qui l’inaugurazione di una lunga fase di instabilità, che è coincisa con l’allargamento a Est della Nato.
Ma, oltre alle ragioni strategiche, c’è anche un motivo, per così dire, “tecnico” dell’aumento del rischio atomico: la disponibilità oggi, sia negli arsenali americani sia in quelli russi, di bombe nucleari a “bassa” distruttività (circa la metà della capacità di devastazione dell’ordigno lanciato su Hiroshima). Tale possibilità potrebbe infatti spingere i vertici politico-militari dell’una o dell’altra parte a considerare il possibile impiego di questo tipo di armi nel caso di una escalation sul teatro ucraino.
Di tale possibilità, si parlò, già poche settimane dopo l’inizio della guerra, in un articolo sul “New York Times”: «La loro natura meno distruttiva (delle bombe n.d.r.) può alimentare l’illusione del controllo atomico quando in realtà il loro uso può improvvisamente sfociare in una vera e propria guerra nucleare. Una simulazione ideata da esperti dell’Università di Princeton inizia con Mosca che spara un primo colpo di avvertimento nucleare; la Nato risponde con un piccolo attacco e la guerra che ne segue provoca oltre 90 milioni di vittime nelle prime ore». Roba da incubo.
Il problema è anche che le bombe atomiche “piccole” non sono di fatto “censite”, per cui non sappiamo quante siano nella effettiva disponibilità delle potenze nucleari. «Nessun trattato di controllo degli armamenti regola – rilevò ancora il NYT- le testate minori, note a volte come armi nucleari tattiche o non strategiche, quindi le superpotenze nucleari ne creano e ne schierano quante ne vogliono».
Un terzo motivo di preoccupazione deriva dal fatto che l’opinione pubblica sembra quasi assuefatta all’idea di una escalation in Ucraina. La notizia che l’Europa e gli Usa stanno massicciamente aumentando la fornitura di armi a Kiev (tra cui i carri armati americani Abrams e quelli tedeschi Leopard) non sembra scuotere più di tanto le coscienze dei più. I tele-guerrieri da divano o da tinello fanno il “tifo” per i fornitori occidentali di armi come se stessero assistendo a uno spettacolo lontano e non a una vicenda che potrebbe, in un infausto giorno, coinvolgerli direttamente.
Già, lo spettacolo. A tratti pare indistinguibile dalla realtà. Farsa e tragedia si confondono, come nell’annunciata partecipazione di Volodymyr Zelensky al festival di Sanremo. Applausi e cannonate. Una grande confusione, un gran baccano. È così che solo in pochi riescono a udire il ticchettio dell’orologio dell’Apocalisse.