In un’Italia in cui l’età media si alza sempre di più, la questione che ha riguardato l’assegnazione di un amministratore di sostegno per Gina Lollobrigida e le ultime vicende della sua vita interrogano molti.
Seppure l’istituto dell’amministratore di sostegno sia volto a tutelare chi viene definito “incapace” e necessita quindi di un tutore al fine di “assicurare la propria adeguata protezione”, vale la pena domandarsi quali margini di valutazione vengano utilizzati per prendere una tale decisione.
Anzitutto occorre capire chi detiene la titolarità per chiedere l’attivazione di questo istituto: il codice civile all’art. 405 afferma che il giudice tutelare, a seguito della raccolta delle necessarie informazioni, si occupa di fornire un amministratore di sostegno a chi “per effetto di un’infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi”.
Secondo la procedura risultano inoltre necessari dei controlli medici e psicologici comprovanti la reale condizione di salute del beneficiario.
Possiamo quindi contare sul fatto che nessuno si trovi nella condizione di decretare, in maniera arbitraria, la nostra incapacità ad agire senza prima provvedere a dimostrarne la necessità.
Numerosi testimoni, tuttavia, hanno pubblicamente affermato e difeso la piena lucidità di Gina Lollobrigida in questi anni, criticando apertamente la pronuncia inoppugnabile della Corte di Cassazione che, nel 2021, aveva respinto il ricorso dell’attrice contro l’azione legale del figlio.
Come spesso accade in situazioni simili, occorreranno anni di discussioni e controversie legali prima di giungere ad una soluzione definitiva della questione.
Non è da escludersi quindi, come alcuni hanno iniziato a sostenere, che al termine di queste vicende, tra i tanti che ne otterranno un vantaggio, non mancheranno certo i legali delle parti.
Di Riccardo Sciarra