All’inizio dell’anno, come di consueto, la Repubblica Popolare cinese ha fissato i propri obiettivi, durante le riunioni dei rappresentanti della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese e dell’Assemblea Nazionale del Popolo. La stima relativa alla crescita economica del gigante asiatico, fissata al 5%, non ha destato particolari sorprese, in quanto è persino più prudente di quella del Fondo Monetario Internazionale, che ha previsto una crescita dell’economia cinese del +5,2%. Ciò che ha destato sconcerto negli osservatori politici internazionali è stata la spesa militare fissata ad un +7,2% rispetto a quella degli anni precedenti. Un aumento della spesa militare del Dragone, addirittura superiore in percentuale all’incremento dello sviluppo economico su base annua vorrà dire pur qualcosa.
Il messaggio al resto del mondo è chiaro e forte: la Cina si prepara alla guerra. D’altra parte le minacce ci sono e sono anche piuttosto esplicite. Ad esempio, il recente rapporto della statunitense Rand Corporation, un potente think tank che lavora per il Pentagono, ha consigliato agli Usa di uscire dal conflitto in Ucraina per concentrarsi sul contenimento della Cina. Qualche giorno fa, inoltre, gli Usa hanno approvato la vendita di nuove armi a Taiwan per un totale di 620 milioni di dollari e la partita di armamenti questa volta comprende anche anche i missili. Sembra che l’esercito di Taiwan riceverà 200 missili aria-aria AMRAAM e 100 missili AGM-88B Harm, in grado di colpire obiettivi situati nella Cina continentale. Queste non sono forse minacce? La differenza rispetto al passato è che la Cina Popolare, quando era minacciata dall’Occidente, non sentendosi pronta al confronto, chinava la testa. Ora, evidentemente forte della sua potente base industriale e manifatturiera, nonché delle proprie alleanze – con la Federazione Russa, l’Iran e la Corea del Nord – la Cina alza la voce e si pone in rotta di collisione con l’Occidente. I cinesi non hanno più paura.
In questo contesto, le recenti affermazioni del Cancelliere tedesco Olaf Scholz sono un po’ risibili. Il Segretario di Stato Usa Blinken aveva minacciato “se la Cina fornisce aiuti militari alla Russia, da impiegare nella guerra all’Ucraina, ci saranno conseguenze”. Dalle autorità cinesi è arrivata una replica molto stizzita, che invitava gli Stati Uniti a non mettere il naso nei rapporti tra Cina e Russia. Olaf Scholz, come una scimmietta ammaestrata, ha rivolto ai cinesi la stessa identica minaccia di Blinken, ma questa volta non c’è stata alcuna replica. Evidentemente i funzionari cinesi hanno ritenuto la minaccia di Scholz priva di fondamento. Magari anche in considerazione dello scarso peso militare di Berlino. Questo carattere totalmente subalterno agli interessi statunitensi della politica europea è piuttosto penoso, forse anche per i cinesi.