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Polemica “anti-burkini” a Trieste: cosa è successo realmente?

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È sorta a Trieste una polemica contro l’utilizzo del burkini da parte delle donne musulmane, i loro “vestiti puzzolenti” inquinerebbero il mare. Lo scorso 13 agosto, allo stabilimento balneare Lanterna -comunemente conosciuto come Pedocin-, alcune donne islamiche sono state criticate da altre in costume per la loro scarsa igiene. A detta di queste ultime, i burkini indossati dalle musulmane per fare il bagno avrebbero contaminato la pulizia delle acque Triestine.

È stato impossibile non rispondere a questa accusa, le contro-polemiche non si sono fatte quindi attendere. Di fatto in molti si sono chiesti in che modo qualche metro di stoffa avrebbe potuto realmente inquinare il mare più di quanto non possa farlo una nave da crociera attraccata al porto, verso la quale non è stata mossa alcun tipo di contestazione. Ecco quindi che un gruppo misto di donne e uomini, animati da un sentimento di solidarietà, hanno dato vita, domenica 20 agosto, ad un simpatico flash mob durato circa 10 minuti, annunciato sui social e realizzato proprio all’interno dello stabilimento Lanterna.

Una piccola protesta pacifica per mostrare sostegno alle donne islamiche, infatti la manifestazione si è poi conclusa con un tuffo in mare vestiti e, a seguire, con la formazione di un grande cerchio mano nella mano. I’appoggio è arrivato anche da esponenti della politica quali Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà (Ics), egli ha ricordato quanto affermato nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la quale: “Sancisce una inderogabile libertà della persona a manifestare il proprio credo in pubblico, anche attraverso l’abbigliamento”.

A tal proposito è intervenuta anche Nurah Omar, vicepresidente dell’Associazione culturale islamica di Trieste, che ha appoggiato la manifestazione ma ha inoltre ricordato di non cadere nella trappola della discriminazione. La Omar ha affermato che: ”Se una donna italiana non musulmana avesse deciso di andare al mare vestita o di coprirsi per ragioni di salute o perché non si sente a suo agio con il suo corpo, non ci sarebbe stata nessuna discussione”, invocando infine la libertà di ciascuno di vestirsi a proprio piacimento.

Frasi che hanno invitato, tutti noi, ad un’attenta e profonda riflessione. Ma non tutti sono convinti. Anche perché una vita così il sud Italia dei primi del 900 l’ha già vissuta e non la rimpiange

Di Francesca Pandolfi

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