Se avete in programma di fare lavori in casa sappiate che la pacchia è purtroppo finita; dal primo gennaio 2024 di fatto il Superbonus non esisterà più. Anche se in teoria sarà ancora possibile chiedere l’agevolazione tanto voluta dall’allora premier Giuseppe Conte, di fatto questa sarà meno conveniente del vecchio Ecobonus, che garantisce un’aliquota ridotta del 75% contro il 70% del nuovo Superbonus.
E non crediate di averla fatta franca se i vostri lavori si erano già avviati o addirittura conclusi. Secondo la bozza della Finanziaria infatti, se intendete vendere entro dieci anni dalla fine dei lavori di ristrutturazione la casa per la quale avete ottenuto il Superbonus vi toccherà pagare la tassa sul capital gain, finora utilizzata nei casi di compravendita di un asset finanziario e ideata per scoraggiare comportamenti speculativi nelle operazioni sui mercati. Possibilità non remota per il mercato immobiliare, che è stato probabilmente “drogato” da un bonus che è andato a tutti, senza alcuna tra tipologie di edificio per i quali si facevano i lavori e reddito dei beneficiari. Attualmente l’aliquota è al 26%, una bella sommetta. Potreste risparmiavela se la casa che vendete era adibita a prima casa (e ci avete vissuto davvero), se l’avevate ottenuta per successione o donazione e se i lavori erano stati pagati direttamente chiedendo poi il rimborso tramite dichiarazione dei redditi.
Con questa decisione, vedremo se impopolare o meno agli occhi degli elettori, tramonta definitivamente l’eredità grillina all’economia italiana, dopo che all’inizio di quest’anno la Meloni aveva già azzerato l’altra misura bandiera dei cinquestelle, il Reddito di Cittadinanza.
Finisce insomma un modo di intendere lo Stato come un generoso bancomat dal quale attingere somme che non si dovranno restituire. Solo quest’anno, che verrà ricordato come l’ultimo del Superbonus, lo Stato è stato appesantito di altri 30 miliardi di deficit, somma che porterà quest’anno il deficit a ben il 5,3% del Pil nonostante su tutti gli altri versanti, a partire dalle pensioni, il governo abbia già messo una stretta sulle spese per i cittadini.
Tutti contenti dunque? Mica tanto. Come prevedibile l’Ance ha lanciato l’allarme occupazione nel settore edile. Parlando in un’audizione dedicata alla Manovra l’associazione dei costruttori edili ha chiesto una proroga della misura, anche perché decine di migliaia di cantieri rischiano di non terminare le ristrutturazioni in tempo utile, e mancando i soldi, i lavori potrebbero venire abbandonati a metà. La presidente Federica Brancaccio ha usato toni durissimi, che in Parlamento non si sentono neanche dall’opposizione: “Non possiamo accettare questa criminalizzazione del Superbonus – ha spiegato – che è riuscita addirittura a mettere i cittadini l’uno contro l’altro. E se la vicenda si chiuderà male, in futuro non ci sarà misura strutturale, per quanto meravigliosa, che potrà più essere usata. La perdita di fiducia sarà assoluta”.
Certo alcuni dei lavoratori potrebbero essere in teoria dirottati sulle opere del Pnrr, ma con i ritardi al piano è probabile che nei primi mesi del prossimo anno saranno molti i professionisti a spasso. Che non potranno neanche contare sul Reddito di cittadinanza.
Finisce la pacchia del superbonus, chi ci perde?
