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Pensioni, ecco perché se andate in pensione con Quota 103 perdete soldi

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Non fidatevi di quel che leggete sui giornali, Quota 103 non c’è più. O meglio c’è ancora, ma il governo l’ha riempita di tanti paletti e zavorre da renderla così svantaggiosa che non la chiederà praticamente nessuno.

In realtà Giorgia Meloni e Giorgetti avrebbero voluto – dimostrando la voglia di essere sincera con gli italiani – passare direttamente a Quota 104, ma il pressing della Lega salviniana, che appena cinque anni fa mandava i lavoratori a riposo con quota 100, ha costretto la premier a un passo indietro. Passo indietro nella forma, ma non nella sostanza. Vediamo perché.

Prima di tutto bisogna considerare che il calcolo sarà interamente contributivo, compresi i versamenti ante 1996 che erano stati accantonati col retributivo. Già questo alleggerisce di parecchio l’assegno. Ma non basta; se vorrete accedere a Quota 103 (che richiede 62 anni di età e 41 di contributi), anche se avete diritto grazie a oltre 40 anni di versamenti a una pensione “pesante”, dovrete accontentarvi invece di una che sarà al massimo pari a 4 volte il minimo, pari a circa 2300 euro lordi. E come se non bastasse dovrete pure aspettare per averla; 7 mesi se lavoravate nel privato e addirittura 9 se eravate un dipendente pubblico. La nuova normativa prevede infatti che deve intercorrere un certo periodo tra quando si raggiungo i requisiti e quando si può davvero andare in pensione. Se lavorate al Comune e chiedete la pensione al compimento dei 62 anni ne avrete quasi compiuti 63 quando finalmente comincerete a percepire la pensione. Insomma più che di una quota 103, dovremmo parlare, come ha scritto giustamente più di un sindacato, di una “Quota 103 e tre quarti”.

È chiaro quindi che nessuno deciderà di utilizzare lo strumento, finora richiesto appena da 16mila persone, un numero bassissimo in un paese che ha milioni di italiani prossimi all’età pensionabile. La misura è servita solo a ricucire un potenziale strappo tra la capo del governo e il ministro del Trasporti, che nelle scorse settimane aveva promesso a ogni uscita pubblica che la normativa sulle pensioni in uscita dalla Finanziaria non sarebbe stata peggio della Fornero. Di fatto lo è, ma la foglia di fico di questa Quota 103 azzoppata permette al leader della Lega di affermare d’aver mantenuti i propri impegni con gli elettori. Anche se certo non si tratta di quella “Versione migliorata della Quota 103 di Draghi” che Salvini avrebbe chiesto a Giorgetti.

I rapporti tra i due uomini più in vista del carroccio non sono certo dei migliori; la sintesi migliore è venuta come al solito dal leader di Italia Viva Matteo Renzi (uno che, se si decidesse a fare solo il giornalista e non più il politico, avrebbe un avvenire assicurato). Vedendoli confabulare a Palazzo Madama li aveva apostrofati a voce alta, perché tutti potessero sentire: «Vi vedo insieme, finché Fornero non vi separi».

Di certo gli italiani alla Fornero sono sempre più avvinghiati, e anzi c’è il rischio che tra qualche anno rimpiangeremo la sua riforma, soprattutto se a forza di trovarsi a trovare miliardi per finanziarie sempre più avare il governo non finirà con l’inventarsi Quota 105, e 106…

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