Le trattative tra Gran Bretagna e Unione europea partono all’insegna della tensione. La premier inglese Theresa May permetterà a chi vive nel Paese da almeno cinque anni di restare. Per Jean Claude Juncker è «un primo passo», ma ci sono ancora questioni da sistemare che avranno un grande impatto sulla vita quotidiana degli oltre tre milioni di cittadini europei che vivono oltre lo Stretto della Manica.
La proposta sui diritti post-Brexit dei cittadini Ue che vivono in Gran Bretagna «è un’offerta molto equa e molto seria», su cui «il governo lunedì definirà maggiori dettagli». Lo ha affermato la premier britannica Theresa May al suo arrivo al secondo giorno di lavori del vertice Ue. «Vogliamo rassicurare i cittadini Ue che hanno stabilito la loro casa e la loro vita in Gran Bretagna, nessuno dovrà andarsene, potranno restare e continuare a farlo», ora però, ha avvertito May, «voglio la stessa certezza anche per i cittadini britannici che vivono nell’Ue”. I dettagli su date limite e tempi «saranno oggetto del negoziato», ha aggiunto.
A questo punto è chiaro che il vero nodo riguarda la competenza giuridica dei cittadini europei. L’offerta avanzata dalla premier inglese non ha convinto Juncker, il presidente della Commissione europea, che probabilmente, più che un’apertura, l’ha vista come un tentativo di scambio. Ieri la leader dei Tory aveva annunciato che gli oltre tre milioni di cittadini europei che vivono nel Regno Unito potranno rimanere nel Paese, godendo dei loro diritti, anche dopo la Brexit. Ma l’impegno è stato assunto a una condizione: non dovrà essere la Corte di Giustizia europea a tutelare i loro diritti. Ed è proprio la competenza giuridica sui cittadini europei il vero nodo della questione, quello che potrebbe portare alla discussione.