“Se non siete patrioti non farete nulla nella vita”. La dichiarazione di Papa Francesco sulla patria durante la sua visita ufficiale in Cile, è stata oggetto di critiche da parte dei liberal e radical come di elogi da parte del mondo conservatore. Il valore della patria avrebbe dunque un aspetto spirituale e ci sarebbe una “saggezza nei popoli autoctoni”. Lo Speciale ha intervistato Fabio Torriero, giornalista e scrittore, docente di comunicazione che alle nuove categorie politiche “alto-basso” (popoli Vs caste) e ai valori antropologici ha dedicato l’ultimo libro “Il futuro dei cattolici in politica” . Torriero offre ai lettori un approfondimento ragionato sul concetto di patria e sul mondialismo. E rintraccia nella crisi dell’identità la perdita di certi valori.
Torriero, Papa Francesco ha dichiarato in Cile: “Se non siete patrioti non farete nulla nella vita”. Quanto è importante che lo abbia fatto?
“Finalmente, nel suo viaggio in Cile, papa Francesco ha messo la barra su un valore fondamentale che dovrebbe caratterizzare pure i cattolici, e che spesso viene diluito e sbiadito (se non condannato) dal politicamente, culturalmente, e anche purtroppo, dal religiosamente corretto. Ma anche da esponenti della politica, dei media e, in taluni casi, delle alte gerarchie vaticane, nel nome e nel segno di un’ortodossia istituzionale, che fa rima più col bergoglismo che con lo stesso Santo Padre. Prova ne è che il Corriere della Sera ha storpiato il medesimo concetto ad uso e consumo della normalizzazione liberal e radical”.
Cioè?
“Il patriottismo di papa Francesco è diventato magicamente un attacco alla colonizzazione spagnola contro i Mapuche, trasformandosi in un’esaltazione della “saggezza dei popoli autoctoni”. Tutto nella logica del mondialismo e dell’esotismo terzomondista, tanto di moda dalle nostre parti. Sto parlando della non incompatibilità, anzi della naturale complementarietà tra identità storica, spirituale, culturale e religiosa e la dimensione universale della fede, che ritiene gli uomini uguali e figli di Dio, al di là della loro terra.

E’ la prima volta che un Pontefice richiama la patria?
“Già nel passato i papi si sono cimentati sull’argomento. Papa Giovanni Paolo II, ad esempio, nel suo libro “Memoria e Identità”, aveva risolto brillantemente il tema: “Il patriottismo è come il quarto Comandamento: onora il padre e la madre”. Evidenziando quel legame ancestrale e atavico tra il Padre (Dio, la paternità, l’autorità), la Madre (la terra) nella missione degli uomini.
E papa Francesco ieri si è richiamato, infatti, a questa osservazione: “L’amore per la patria è l’amore per la madre, che ci insegna a camminare”.
Dunque lei rintraccia in questa dichiarazione del Papa un punto importante per fare chiarezza…
“Sì, è un auspicato chiarimento che dovrebbe far riflettere molti credenti che da decenni, al contrario, offrono in buona fede, il cuore al mondialismo, al cittadino del mondo, al cosmopolitismo. Non riuscendo a convivere con l’idea di bene commune, di Stato come comunità organizzata, di sfera pubblica della fede, giustificando l’idea di una laicità che da tutela della libertà religiosa è ormai sempre più, ateismo di Stato, giacobinismo laicista, che discrimina, ghettizza e elimina dalla polis i credenti, relegandoli all’intimismo e al privatismo individualista.
E’ questo un vulnus storico dei cattolici. L’ostilità verso lo Stato e verso la testimonianza pubblica del bene.
Vulnus che ha contribuito a far strumentalizzare facilmente, da parte delle caste ideologiche della politica e della cultura nostrana, le parole del papa quando parla di muri e di ponti, disegnandolo come il guru dei ponti, cioé del buonismo e del progressismo universale.
Invece ponti e muri come andrebbero affrontati in un dibattito depurato dalle ideologie?
“La realtà è che non tutti i muri sono sbagliati e non tutti i ponti sono giusti. Ci sono stati momenti storici in cui i muri sono stati legittimi (la liberazione europea dei mori, dalla Reconquista spagnola a Lepanto, alla liberazione di Vienna), e a proposito di ponti, questi funzionano quando i due interlocutori esprimono un’identità: allora il dialogo è autentico. Se non ci sono le identità il dialogo è tra sordi, o è un fritto misto o chi è privo di identità soccombe rispetto a chi l’identità ce l’ha forte. Ricordiamo che nel Medioevo i muri preservavano i borghi, ma proprio perché c’erano i muri c’erano anche i ponti levatoi.
Però occorre stare attenti ai termini. Patriottismo non è nazionalismo.
“C’è l’identitarismo, e patriottismo non vuol dire nazionalismo. Patriota è colui che ama la sua storia, la sua tradizione e la sua identità; nazionalista è colui che vuole imporre la sua identità agli altri, ritenendola superiore (principio sbagliato). Distinzione che ha completato l’intervento del papa in Cile: “Patrioti non patriottici”.
Speriamo ora che i credenti italiani sappiano cogliere il messaggio del papa, diventando oltre che buoni cristiani, anche buoni italiani. E’ la scintilla per fare la buona battaglia in vista delle politiche”.