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Spagna, il ritorno degli attivisti catalani: bloccate le strade e non solo

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Solo un anno fa si tenne il referendum sull’indipendenza Barcellona, con la fuga di Puigdemont all’estero, che si rivelò per quello che era secondo molti analisti: un demagogo.

Tentativo fallito e “indipendenza sospesa”,  che finì con il leader abbandonato dagli spagnoli, dalla maggioranza silenziosa dei catalani, dalla stessa Ue, dal Papa e dalle industrie e banche locali.

Oggi gli attivisti per l’indipendenza della Catalogna sono tornati. E hanno bloccato strade e autostrade di Barcellona e una linea ad alta velocità in occasione del primo anniversario del referendum sull’indipendenza della regione spagnola segnato da violenze: interruzioni lungo l’autostrada A7, tra Barcellona e Valencia, e la A2, che collega la città catalana a Madrid.

“La linea ferroviaria ad alta velocità è stata bloccata a Girona a 100 chilometri a Nord-Est di Barcellona, i binari sono stati occupati”, ha annunciato la società ferroviaria Renfe.

Insomma se il presidente catalano non ha avuto la forza per guidare la rivoluzione reale, ci pensano i militanti dei Comitati di difesa della Repubblica, che rivendicano ancora la rottura con Madrid, e che ora hanno occupato i binari e bloccato le strade.

Dunque il veleno demagogico e populista, come l’hanno chiamato alcuni politologi che ritengono incostituzionale la scelta di separarsi dalla madre Spagna, ha già ritrovato le sue opportune declinazioni. Dimenticato il duro discorso alla nazione di Felipe VI (fieramente davanti alla bandiera spagnola e a quella europea), che aveva rimesso in ordine le parole-chiave che reggono qualsiasi convivenza civile degna di nota, torna lo scontro tra il concetto di Stato, di bene comune, di regole collettive e quello di individuo assoluto, autodeterminato?

Chissà che non si torni al passato così, anche senza Puigdemont.

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