Partiamo dall’inizio di giornata. “Rimuovere manifesti campagna pro vita, sono omofobi”. E’ un ordine del sindaco di Roma, Virginia Raggi, che dopo quello di Torino Chiara Appendino – e sollecitata dalla madrina delle unioni civili, la senatrice dem Monica Cirinnà – ha deciso di censurare i manifesti di Pro Vita e Generazione Famiglia con la scritta “Due uomini non fanno una madre” che tanto hanno fatto discutere da lunedì scorso l’opinione pubblica e la classe politica, appena la foto di due ragazzi (individuati come genitore 1 e genitore 2) che spingono un carrello con un bambino recante il codice a barre sul petto ha fatto capolino su vele e per le strade di Roma, Milano e Torino.
Per il Campidoglio “il messaggio e l’immagine veicolati dal cartellone – mai autorizzato da Roma Capitale e dal Dipartimento di competenza – violano le prescrizioni previste al comma 2 dell’art. 12 bis del Regolamento in materia di Pubbliche affissioni di Roma Capitale, che vieta espressamente esposizioni pubblicitarie dal contenuto lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali”.
Peccato che se c’è qualcuno che non vede riconosciuto il suo diritto in quella foto, è il bambino, dicono chiaro e tondo le due associazioni promotrici del Family Day, che dichiarano di aver solo fatto vedere la verità.
“La strumentalizzazione di un bambino e di una coppia omosessuale nell’immagine del manifesto offendono tutti i cittadini”? E allora cosa vogliamo dire della legge che vieta la maternità surrogata in Italia? L’art. 12 della legge n. 40 del 2004 afferma che il ricorso a pratiche di surrogazione di maternità è un reato punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino ad un milione di euro.
Per questo Isabella Rauti, ieri ha fatto sapere che Fratelli d’Italia ha espresso il suo voto favorevole alla costituzione della Commissione contro il femminicidio, anche come strumento per continuare la battaglia per il riconoscimento dell’utero in affitto come reato universale.
La tutela della donna passa anche per il rispetto della vita che non può essere degradata ad un contratto o ad un bene che si può acquistare o cedere” ha dichiarato la vicepresidente vicario del gruppo al Senato di Fratelli d’Italia intervenendo in Aula per la dichiarazione di voto sull’istituzione della commissione d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
Ad appoggiare la campagna di Pro Vita e Generazione Famigliaè entrato a gamba tesa anche Maurizio Gasparri, che ha voluto ricordare alla Cirinnà e a tutti coloro che si indignano per le campagne pubblicitarie #stoputeroinaffitto, che questa pratica “è un reato nel nostro Paese e, di conseguenza, chiedere l’abolizione di un messaggio di legalità appare quanto mai fuori luogo oltre che essere, in tema di diritti, una discriminazione al contrario”.
Per quanto lo riguarda, quindi, condivide il messaggio presente nei manifesti e annuncia di aver presentato” una proposta di legge in Senato che punisca anche quegli italiani che, non potendolo fare in Italia, cerchino di usufruire di questa turpe pratica all’estero”.
CASO DONAZZAN
L’Ansa riporta di attacchi e insulti rivolti all’assessore regionale del Veneto Elena Donazzan dopo aver condiviso sui suoi profili social la campagna di Provita Onlus e Generazione Famiglia contro l’utero in affitto. A denunciarlo è lo stesso assessore: “Stamattina, al mio risveglio, ho trovato il mio profilo Instagram zeppo di insulti e minacce per la mia adesione alla campagna #stoputeroinaffitto. Offese contro di me e contro i veneti, offese contro chi la pensa come me, e dunque contro la stragrande maggioranza di chi ragiona in maniera sensata: non bastasse ciò, pure alcune minacce”. La campagna, racconta, “‘tuona due uomini non fanno una madre’: è ciò che penso, è ciò che ci dice pure la natura ed il buonsenso, che qualcuno vorrebbe sopraffare per accontentare l’egoismo dei ricchi committenti”.
Da una prima analisi delle interazioni, aggiunge, l’azione ha avuto inizio dopo la condivisione da parte di Generazione Famiglia della instagram-story di Donazzan (attualmente non più disponibile): “Ad attaccare il profilo dell’assessore regionale sono stati principalmente haters di quest’ultima associazione – spiega – soliti nel pubblicare le proprie opinioni in maniera offensiva”. Nell’annunciare di non volersi “lasciare intimidire da questi individui”, Donazzan sottolinea di aver rimosso i loro commenti “non potendo accettare offese in cambio dell’esternazione di un suo pensiero”.
“Non ho costretto nessuno di loro a seguirmi, se non condividono le mie idee sono ben liberi di seguire qualcun altro, ma non certo di offendermi – conclude -. E a chi ha minacciato di ammazzarmi a fucilate rispondo: ti aspetto dove vuoi visto che i codardi siete voi, non di certo io”