“L’aspetto fisico della vittima è irrilevante”. Così i giudici della Corte di Cassazione hanno spiegato le ragioni dell’annullamento della sentenza della Corte di Appello di Ancona, che aveva assolto due giovani, accusati di violenza sessuale di gruppo su una ragazza peruviana. Nella sentenza d’Appello i giudici avevano fatto riferimento anche alla “mascolinità” della vittima. La Suprema Corte ha specificato che l’aspetto fisico non può essere preso in considerazione per determinare la credibilità o meno della denuncia della vittima. Ora, la Corte di Cassazione annulla l’assoluzione dei due giovani e rimanda la sentenza ai giudici di secondo grado, chiedendo di riesaminare il caso e di ripercorrere i fatti, svoltisi il 9 marzo del 2013 a Senigallia. Abbiamo commentato la decisione della Cassazione con lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi.
La Cassazione ha detto che l’aspetto fisico di una persona non può rendere poco credibile un’accusa di stupro. Non si può insomma affermare che la presunta vittima mente soltanto perché brutta. Condivide?
“Innanzitutto la decisione della Cassazione va letta bene a fondo. Gli ermellini infatti affermano che quando si vogliono interpretare degli elementi che hanno a che fare con la formazione del movente di un reato, soprattutto quando si vogliono prendere per buone le dichiarazioni degli imputati nei confronti della persona offesa, è necessario documentare molto bene ciò che si sostiene. Non si esclude a priori che tutto quello che gli accusati hanno detto sia falso, ma si specifica che le loro dichiarazioni devono essere adeguatamente provate. Probabilmente i giudici della Corte d’Appello, a detta della Cassazione, non avrebbero documentato in modo preciso e circostanziato per quali ragioni le caratteristiche fisiche della presunta vittima sarebbero da ritenere incompatibili con il desiderio del potenziale colpevole. I giudici di terzo grado pronunciano giudizi di legittimità, non di merito, e non a caso siamo in presenza di una sentenza con rinvio alla Corte d’Appello”.
Quindi l’aspetto fisico della vittima può o no essere determinante secondo lei nel ritenere o meno credibile un’accusa di violenza sessuale?
“Dipende dai singoli casi. Astrattamente non possiamo sapere se l’aspetto mascolino possa scoraggiare o invece eccitare ulteriormente l’individuo. Penso che in questa specifica vicenda ci sia alla base una carenza di giudizio tecnico. In pratica deve essere un perito a stabilire se effettivamente il sistema funzionale dei due potenziali violentatori sia da ritenere del tutto incompatibile con le condizioni in cui si sarebbe svolto il presunto stupro. In quel caso allora questa incompatibilità acclarata potrebbe anche costituire una prova a vantaggio degli accusati. Come quando si deve correlare un disturbo di personalità ad un reato”.
Non si può dunque escludere nulla a priori, giusto?
“Esattamente. Prenda ad esempio un soggetto portatore di una gravissima malattia dermatologica che produce una violenta reazione di rifiuto fisico nella stragrande maggioranza delle persone. Per ritenere che quella situazione possa aver eccitato il presunto stupratore, devo riuscire a dimostrare che quel soggetto è attratto da quel tipo di patologia. Bisogna sempre entrare nel merito specifico e tecnico delle situazioni. A qualcuno i tipi mascolini potrebbero piacere in modo particolare, ad altri invece no. La Cassazione in sostanza stabilisce che non ci si può fermare agli stereotipi, e questo è giusto. Non si può insomma affermare che lo stupro non c’è se la vittima è brutta, nel momento stesso in cui proprio la bruttezza potrebbe essere stata invece l’elemento scatenante. Ma questo lo si può appurare soltanto sulla base di una valutazione tecnica affidata a degli esperti”.
Non è però curioso che i tre giudici di appello che hanno assolto gli imputati siano tutte donne?
“Evidentemente sulla base dei loro criteri estetici avranno ritenuto la vittima talmente brutta da rendere impossibile il minimo interesse da parte dei presunti stupratori, quando invece forse proprio la bruttezza potrebbe essere stato l’elemento che ha scatenato l’eccitazione. I gusti del resto sono personali e non si discutono”.
A questo punto la parola torna alla Corte d’Appello. Cosa potrà accadere?
“Fossi nei giudici che dovranno riesaminare il caso disporrei una perizia psichiatrica sui potenziali colpevoli. Questo per appurare, da un lato la veridicità delle accuse della parte lesa, dall’altra per delineare i profili psicologici e l’eventuale presenza di possibili perversioni sessuali negli accusati”.
Dall’alto della sua esperienza di criminologo quanto è difficile stabilire l’autenticità o meno di un’ accusa di stupro?
“Non è sicuramente facile, e spesso non ci si può limitare ad un’astratta valutazione della psicopatolgia del soggetto che può aver commesso il reato. Anche un soggetto altamente psicotico può essere attendibile o meno rispetto alla testimonianza di un evento che gli è capitato. Una ragazza psicotica che delira e chiede ad un’altra persona di fare l’amore con lei, anche se avanza una richiesta che vorrebbe vedere soddisfatta, agisce sulla base di un’incapacità di intendere e di volere. Per poter dimostrare che un soggetto l’ha abusata, deve anche essere appurato che questo a sua volta era nelle condizioni di poter distinguere il delirio da una richiesta legittima. E’ un ambito in cui servono periti molto esperti e competenti. La Cassazione nel caso specifico ha rilevato una carenza tecnica alla base delle motivazioni che hanno portato i giudici a prediligere la tesi difensiva degli imputati rispetto a quella della vittima. Sono questioni da affrontrare in punta di penna che non possono essere buttate in caciara o lasciate all’approssimazione”.