Continua a far discutere la tragica vicenda del vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso la scorsa settimana a Roma da un giovane americano con undici coltellate. E’ stato appurato che la vittima non era armata e che aveva lasciato la pistola di servizio in caserma. Perché? Per una dimenticanza? O cosa? Le indagini stanno cercando di fare chiarezza anche su questo. Poi fa ancora discutere la foto circolata sui social e sui media di tutto il mondo, che ritrae uno dei due ragazzi americani accusati dell’omicidio, in caserma bendato e con le mani legate. Secondo alcuni sarebbero stati violati i diritti della difesa e le garanzie costituzionali con il rischio di compromettere l’intera indagine. Noi de Lo Speciale ne abbiamo parlato con l’onorevole Gianni Tonelli, parlamentare della Lega, ma prima ancora ex poliziotto ed ex segretario generale del SAP (Sindacato autonomo di Polizia).
L’ha sorpresa sapere che il vicebrigadiere Cerciello Rega avrebbe affrontato disarmato i due malviventi? C’è stata secondo lei una sottovalutazione dei rischi?
“Questo lo stabiliranno le indagini. Non so perché la vittima si sia presentata all’appuntamento senza l’arma di ordinanza. Forse lo avevano considerato un intervento normale, di routine, ma questo io non posso saperlo. Ci sono mille varianti in un intervento di polizia di cui tenere conto. Non si può parlare così in modo approssimativo. Tuttavia in questa vicenda l’aspetto a mio giudizio più inquietante non è tanto il fatto che il vicebrigadiere fosse disarmato, ma la violenza con cui il suo assassino lo ha ucciso. Una violenza che definirei inaudita. Undici coltellate inferte in maniera spietata. Mi stupisco che il deputato del Pd Scalfarotto abbia sentito il bisogno e il dovere di andare in carcere per sincerarsi delle condizioni di salute dei due presunti assassini”.
C’è poi la questione della foto dell’americano bendato e con le mani legate. C’è stata secondo lei violazione delle garanzie costituzionali o si è trattato di una prassi normale?
“Anche questo saranno le indagini a chiarirlo, ma io sinceramente non vedo dove sia l’atteggiamento coercitivo e afflittivo nel bendare per pochi minuti un fermato per omicidio. Può capitare che per ragioni investigative ad un arrestato vengnoi coperti gli occhi con un fazzoletto. Questo può avvenire per evitare che possa visionare immagini o documenti riservati presenti in quella stanza e che sono oggetto dell’indagine, o anche soltanto per tranquillizzarlo. Se il fermato si trova in uno stato di forte agitazione bendargli gli occhi può tornare utile a calmarlo. Non c’è nessuna violenza in questo. Non so perché l’ufficiale che si è trovato a gestire il fermo dei due abbia preso questa decisione. Anche questo è da chiarire, ma trovo davvero fuori luogo che si faccia un tale clamore per una foto che non dice nulla di fronte alla tragedia di un giovane carabiniere ucciso in maniera così violenta nell’adempimento del suo dovere”.
C’è chi dice che ora quella foto potrebbe offrire un’arma molto utile alla difesa dei due imputati, Condivide?
“Non lo credo affatto. Innanzittutto il giudice ha chiarito che l’interrogatorio si è svolto in maniera regolare e nel pieno rispetto delle procedure. Quindi non c’è stata violazione dei diritti della difesa. Poi la persona bendata non è quella che ha sferrato le coltellate contro la vittima. Ai fini processuali quella foto non dice nulla e non dimostra nulla. Poi ripeto, si chiarirà perché è stato deciso di bendarlo. Ma mi pare che le chiacchiere stiano a zero. Le prove dell’omicidio ci sono, e la cosa certa è che l’assassino ha infierito sul corpo di Cerciello riempendolo di coltellate. Quindi in questa storia c’è una vittima e ci sono degli spietati assassini. Che possano esserci persone preoccupate della loro sorte, del fatto che possano essere state maltrattate o non adeguatamente tutelate nei loro diritti mi sconcerta. Ho come l’impressione che ci sia un atteggiamento prevenuto nei confronti delle forze dell’ordine, anche quando un povero carabiniere viene ammazzato in modo tanto brutale, sul banco degli imputati alla fine si cerca di farci finire, sempre e comunque, gli operatori della sicurezza”.