Sardine, parla Rizzo (Pc): “E’ tranello del liberismo. Dissenso manipolato come 5S”

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Le Sardine stanno riempiendo le piazze d’Italia all’insegna del motto “l’Italia non si lega”. A sentire gli organizzatori si tratterebbe di un movimento spontaneo, nato sulla scia del malcontento per la crescente ascesa politica di Matteo Salvini e per le sue politiche anti-immigrazione. Ma non tutti sono convinti che si tratti davvero di un’iniziativa spontanea, di una mobilitazione di popolo senza registi “occulti”. Ne è convinto anche Marco Rizzo, leader del Partito Comunista che vede dietro alle Sardine un’operazione identica a quella che, in passato, ha portato all’affermazione del Movimento 5 Stelle.

Cosa pensa del movimento cosiddetto delle Sardine?

“Credo che vada fatto un discorso più generale legato alle capacità di influenza sull’opinione pubblica da parte del grande capitale e della globalizzazione. Una volta il grande capitale costruiva il consenso con operazioni come il Piano Marshall, mentre oggi di fronte alla crisi di consenso lavora per indirizzare il dissenso”.

Sta dicendo che quello delle Sardine non è un movimento spontaneo?

“Il grande capitale è perfettamente consapevole delle contraddizioni e dei conflitti che è in grado di provocare. Oggi che non esiste più il campo socialista dopo la fine dell’Unione Sovietica, il capitalismo genera disuguaglianze sempre crescenti e quindi malcontento e al tempo stesso ha sviluppato la capacità di guidare, e quindi di calmierare, questo dissenso. Questa modalità è stata usata con la vicenda di Greta, il 70% dell’inquinamento mondiale è frutto dell’azione di 100 multinazionali, ma la colpa è di chi lascia accesa la luce in bagno o fa male la differenziata; il tutto per coprire il grande processo di profitto mondiale che ci sarà con la green economy da parte degli stessi che hanno inquinato. Oppure un altro esempio lo abbiamo con le rivoluzioni arancioni o le primavere arabe. Attraverso questo tipo di operazioni, Paesi come la Libia, la Siria e l’Ucraina sono stati letteralmente ribaltati. In Italia e nel resto d’Europa non servono, per ora, operazioni violente, basta saper pilotare il dissenso. Ecco quindi spiegate operazioni come quella di Tsipras in Grecia, di Podemos in Spagna e del Movimento 5 Stelle in Italia”.

Quindi le Sardine altro non sarebbero che una sorta di esperimento partorito in laboratorio?

“Il Movimento 5 Stelle è finito, ha esaurito la sua funzione di catalizzatore del voto di protesta, quindi è necessario che il dissenso sia indirizzato in altre direzioni. Ed ecco spiegato anche quello delle Sardine che stanno dentro questo percorso”.

Però c’è chi dice che soltanto grazie a loro è stato possibile movimentare le masse contro Salvini che altrimenti avrebbe la strada spianata verso il governo. Non lo pensa anche lei?

“Vede, qui rischiamo di perdere di vista il vero nodo della questione. Il grande capitale ha la forza di restare in campo costruendo diverse versioni politiche e culturali che altro non sono che le facce della stessa medaglia. Abbiamo quindi la versione sovranista incarnata da Salvini e quella progressista interpretata oggi dalle Sardine. Due diverse facce della stessa medaglia che si combattono fra loro ma non puntano a cambiare il sistema. Entrambe hanno come obiettivo la difesa del sistema seppur da angolazioni differenti. Sono diverse versioni del liberismo economico”.

Quindi non ritiene di poter collaborare con loro?

“A Firenze le Sardine che si dicono antifasciste e antirazziste e cantano Bella Ciao che fanno? Nulla, tranne buttare fuori dalla piazza l’unica persona con una bandiera rossa. Questo vorrà dire qualcosa? Quella bandiera rossa era l’unica testimonianza di lotta efficace al sistema ed è proprio quello che i promotori di quel movimento non vogliono. Per loro lo scontro deve rimanere all’interno delle diverse forme ed espressioni del liberismo come avviene da oltre vent’anni. Con Berlusconi o contro Berlusconi, con Renzi o contro Renzi, con Salvini o contro Salvini. La verità è che c’è un popolo che si muove spinto da messaggi semplici, ma senza bussola. La vera sfida sta nel saper porsi alla testa delle masse e indirizzare il loro malcontento contro un sistema che genera povertà, disoccupazione, conflitti sociali. Mi sembra evidente che il dialogo con chi si vergogna delle bandiere rosse e le caccia dai cortei è difficile. Forse sarebbe meglio cominciare a distinguere i movimenti che sono contro il sistema da quelli che sono il sistema”.

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