Il coronavirus sta creando seri problemi all’economia cinese e rischia pure di favorire l’implosione dell’euro. L’Europa deve quindi correre al più presto ai ripari. Ne è convinto l’economista ed europarlamentare della Lega Antonio Maria Rinaldi che, intervistato da Lo Speciale, spiega quali rischi la diffusione del virus potrebbe provocare sulla tenuta complessiva dell’unione monetaria.
Lei ha parlato di rischio implosione dell’euro a causa del dilagare del coronavirus. Ma che c’entra la moneta unica con l’epidemia in atto?
“Il problema sta nel carattere giurassico delle regole europee e mi riferisco in particolare ai trattati di Maastricht e di Lisbona. Se dovesse verificarsi una nuova crisi finanziaria, simile o peggiore a quella del 2008, i danni sarebbero enormemente superiori perché da allora non sono state prese misure adeguate per fare fronte a situazioni di quel tipo. Tutti ci auguriamo che l’emergenza del coronavirus rientri al più presto, ma dobbiamo anche prepararci al peggio perché questa potrebbe purtroppo essere un’eventualità molto concreta”.
E come attrezzarsi?
“La Banca della Cina non ha fatto che iniettare milioni di corrispettivi in dollari a sostegno delle imprese, cosa che invece non è prevista nell’Unione Europea. Ma ci dimentichiamo troppo spesso che viviamo nell’epoca della globalizzazione che favorisce la diffusione dei contagi, in tutti i sensi purtroppo. Questi sono argomenti che vanno trattati prima, non dopo che le emergenze si sono manifestate. La Banca Centrale europea, in base ai trattati in vigore, non può intervenire con sostegni diretti all’economia, quindi che facciamo? Lasciamo che la situazione resti così? Siccome i trattati sono stati scritti venticinque anni fa, dobbiamo rassegnarci? Se non si mettono in testa di rivedere e adeguare le regole, rischia di saltare tutta la baracca. Noi che diciamo questo siamo definiti antieuropeisti, poi scopriamo che ad accusarci sono gli stessi che proteggono Paesi come il Lussemburgo che nell’ambito delle regole europee e del mercato unico eludono ed evadono miliardi a scapito anche dell’Italia”.
Dal punto di vista finanziario quali possono essere le conseguenze provocate dal coronavirus?
“Sono tre gli scenari possibili. Il primo è quello più favorevole che potrebbe verificarsi una volta raggiunto il picco e circoscritta l’epidemia. In quel caso i danni economici saranno limitati. Il secondo scenario è molto più critico e potrebbe vedere i Paesi del sud est asiatico tutti investiti dal virus, con focolai anche nel resto del mondo. In questo caso si verificherebbe una contrazione del pil mondiale in maniera molto più consistente e assisteremmo agli effetti più nefasti e negativi della globalizzazione. Rallentamento violento della produzione e dei consumi, banche di tutto il mondo costrette ad immettere liquidità a sostegno delle aziende e dell’occupazione. E infine c’è il terzo tragico scenario”.
Ossia?
“Se esplode una vera e propria pandemia mondiale può succedere di tutto e auguriamoci che non accada. Non si tratterebbe più di una questione prettamente economica, ma letale. L’Unione Europea allo stato attuale non sarebbe nelle condizioni di poter fronteggiare né il secondo, né tantomeno il terzo scenario. Ma considerando che il secondo è ritenuto lo scenario più probabile mi concentrerei soprattutto su questo, ovvero sulla prospettiva di una contrazione consistente dei consumi e di una produzione industriale a picco”.
Ritiene che da parte della Ue non vi sia neanche la consapevolezza di dover correre ai ripari?
“Non credo proprio. Il mandato della Bce in un simile scenario sarebbe insufficiente. Come si eviterebbe il fallimento di intere aziende e la perdita di posti di lavoro con le atttuali regole sugli aiuti di Stato? Tutti ci auguriamo che la crisi provocata dal coronavirus si risolva nel migliore dei modi, ma dobbiamo essere pronti al peggio e l’Europa non lo è. Anche perché sono gli esperti sanitari a dire per primi che la situazione potrebbe aggravarsi. Poi se si dovessero verificare gli scenari peggiori non escluderei un altro colpo di scena”.
Cioè?
“Se in Cina dovesse manifestarsi una grande crisi industriale con relativa impennata della disoccupazione, non escluderei nemmeno la possibilità di una crollo del regime comunista. Le conseguenze del coronavirus potrebbero spingersi anche a questo. Si parla di sassanta milioni di persone messe in quarantena, il che significa che la situazione è molto più drammatica di come ci viene raccontata. Sappiamo che i mezzi di informazione sono controllati dal regime e le notizie filtrate. Ma se i focolai si estenderanno ulteriormente e andranno a contagiare anche il resto del mondo vedo molto difficile per il regime di Pechino poter restare in piedi. E anche in questo caso quali conseguenze ne deriverebbero?”.