Il parlamento ungherese ha approvato una legge che istituisce nuove fondazioni che controlleranno diverse importanti istituzioni culturali e accademiche del paese. Fondazioni che saranno partecipate da importanti aziende statali e che di fatto avranno la gestione delle università per conto dello Stato.
Per gli avversari del premier ungherese Viktor Orbán si tratterebbe di un tentativo di sottomettere il mondo accademico al controllo del Fidesz, il partito del primo ministro, che tutti dimenticano aver fatto parte fino a poche settimane fa del Partito Popolare europeo, lo stesso gruppo della presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen (che se non ricordiamo male fu eletta anche grazie ai voti di Orban) e non degli “estremisti sovranisti” di Marine Le Pen e alleati.
Il titolo del quotidiano La Stampa dice tutto: “Ungheria, Orban ora controlla anche le università”.
Scrive la Stampa: “Il ministro ungherese dell’innovazione e della tecnologia, Laszlo Palkovics, ha affermato che il nuovo sistema “renderà i giovani ungheresi i vincitori del futuro, fornendo loro una formazione moderna”. Ma nessuno, fedelissimi di Orban a parte, crede alla versione edulcorata del governo. La nascita delle fondazioni non sarebbe che l’ennesimo passo di quella “guerra ideologica”, come l’ha definita Attila Chikan, professore all’università Corvinus a Budapest ed ex ministro nel primo governo Orban nel 1998, dichiarata dal primo ministro: “Non ne fanno un segreto: vogliono assumere il potere intellettuale dopo il potere politico ed economico”, ha detto alla Reuters.
Ma il bello viene dopo: “La nuova legge arriva dopo che il governo ha rafforzato i controlli sulla ricerca accademica e ha costretto una delle migliori scuole liberali, la Central European University, a trasferirsi a Vienna nel 2019″.
Eccola là. A chi fa riferimento la Central European University? Ma a George Soros naturalmente, il filantropo esperto nella formazione e nella diffusione del pensiero globalista, laicista, liberista, che piace tanto ai radical chic italiani. A Orban non si perdona il fatto di essere riuscito ad espellere i sorosiani dal Paese togliendogli il monopolio sull’educazione delle generazioni universitarie, attraverso un’agenda politica ed ideologica fondata sul globalismo come dogma e sul rifiuto di ogni diritto alla sovranità dei popoli.
Da qui è scoppiata la guerra contro Orban culminata con l’abbandono il mese scorso di Fidesz dal Ppe dopo che il gruppo dei popolari ha votato un nuovo regolamento interno pensato su misura proprio per escludere il gruppo ungherese (paradossalmente proprio mentre in Italia la Lega sta tentando di avvicinarsi).
A preoccupare di più l’opposizione, il fatto che la nuova legge apra la strada ad un grosso investimento economico sulle università che di fatto non potranno che accogliere positivamente la politica del governo, dal momento che Orban ha promesso di devolvere al mondo accademico il 20% delle risorse che arriveranno dalla Ue con il Recovery Fund. E al Parlamento europeo è già partita l’offensiva per bloccare tutto. Ma se in Italia le risorse che arriveranno per contrastare l’emergenza Covid dovranno essere investite sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale, la green economy e altre cose che con l’epidemia non c’azzeccano niente, dove sarebbe lo scandalo se Orban usa parte dei fondi per “modernizzare le università”? Il Covid è forse anche il pretesto utile per liquidare le ideologie anti-globaliste?
E se in Italia i sovranisti nostrani preferiscono adeguarsi alle regole del gioco per essere accolti nei club europeisti, Orban al contrario tira dritto per la sua strada e dai club preferisce essere cacciato, o meglio tirarsi fuori. Vedremo in futuro quale strategia sarà davvero vincente