Ripartenza italiana? Ecco quello che non ci dicono sul Pil

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La settimana passata il coro è stato unanime e trionfale: il Pil italiano corre più di tutti gli altri, siamo primi in Europa, siamo i più veloci nella ripresa. E ora aspettiamoci paragoni più o meno improbabili ora che Marcell Jacobs ha vinto l’oro alle Olimpiadi: si scriverà che se nell’indifferenza dei grandi il velocista tricolore è andato meglio di tutti superando persino gli americani, l’Italia con la sua ripresa sprint ha sorpreso giornalisti ed esperti di mezzo mondo. Peccato che la realtà economica del nostro paese sia molto più complessa e contraddittoria di una gara olimpica, dove basta una falsa partenza per togliere di mezzo gli inglesi (magari fosse così facile con la Brexit!).

Il fatto è che i dati diffusi dall’Istat, che certificano un aumento del Pil del 2,7% per i primi tre mesi dell’anno e per il 2021 prevedono una crescita del 5 o addirittura 6 per cento rispetto al 2020, sono come al solito bugiardi. A svelarcelo è lo Svimez, l’associazione che studia lo sviluppo dell’industria del meridione. Nel suo report “L’economia e la società del Mezzogiorno” spiega come tre regioni del Centro-Nord (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto) vedranno nel biennio 2021-2022 una crescita del Pil molto superiore a quella del resto del Paese. Così se nella media l’Italia crescerà almeno del 5%, il dato regione per regione resta scoraggiante per buona parte del Paese: la Puglia crescerà del 3,5%, la Sardegna del 3,2%, Basilicata, Molise e Sicilia del 2,8% e la Calabria, infine, appena del 2,1%. Nel complesso il Sud il segno positivo è appena del 3,3%, un dato certo non soddisfacente visto che il confronto è fatto con l’annus horribilis 2020, quando il Pil era calato dell’8.8%.

E non si pensi che la situazione diventerà rosea più avanti: le previsioni per il 2022 parlano di una crescita ancora inferiore, appena del 3,2%: insomma, se già nel 2022 il Pil del Nord Italia sarà maggiore di quello di epoca pre-covid, al Sud occorreranno almeno due anni in più per tornare ai livelli del 2019.

La situazione non sembra però preoccupare la grande stampa italiana, non a caso tutta asserragliata nell’area milanese: oggi il Corriere della Sera titola Pil, avanti veloce un articolo tutto dedicato alla ripresa del triangolo industriale Varese-Bologna-Treviso e alle catene di fornitura con Germania e Francia. Anche se l’articolo parla di ripresa italiana e di made in Italy le regioni del Sud (e pure quelle del Centro) non sono citate neanche una volta. L’articolo dimostra se non altro il falso mito della Lombardia o del Settentrione in generale come locomotiva del paese: se di locomotiva si tratta, i vagoni del Sud non sono attaccati perché niente della ripresa ha ricadute al Sud, anzi l’impressione è che il successo delle aziende del Nord avvenga a discapito di quelle del Sud.

Soluzioni facili ovviamente non ce ne sono: secondo lo Svimez l’unica speranza, almeno nel medio periodo, è la solita spesa pubblica. Due terzi della crescita del Pil dipende infatti dagli investimenti in infrastrutture e servizi che Roma dovrà deliberare con il Piano di ripresa e resilienza, ma che ancora tardano a materializzarsi. Non resta che restare fiduciosi ma qualche dubbio, vista l’impronta fortemente nordista di questo esecutivo e l’indifferenza con la quale il premier Mario Draghi ha finora trattato la parte del Paese che va da Roma a Palermo, comincia a sorgere.

 

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