Suppletive. Fiasco della democrazia. Non l’effetto-Covid, ma l’effetto Draghi

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I giornali e i politici direttamente interessati, ovviamente, hanno commentano a modo loro (minimizzando) il calo verticale dell’affluenza alle urne, anche alle freschissime suppletive, ossia le elezioni romane (Collegio Lazio 1-Camera), dovute all’abbandono del seggio, da parte di Roberto Gualtieri, diventato sindaco della Capitale.
I media ufficiali hanno attribuito questo ennesimo flop della democrazia al Covid, ma non hanno centrato bene l’argomento.

Non è la prima volta che gli italiani disertano le urne. L’altro giorno è stato solo l’ultima tappa di una regressione verticale della partecipazione: dalle politiche alle amministrative il segnale è ed è stato chiarissimo.
Il Pd canta vittoria, visto che la sua candidata, Cecilia D’Elia ha prevalso con il 60% dei consensi, ma su l’11,3% dei votanti totali. Il centro destra, dal canto suo, si è accontentato della mezza vittoria di Simonetta Matone, che ha ottenuto il 23% dei suffragi.

Ma ci rendiamo conto? Il 60% del 12% scarso di votanti, vuol dire che in quel collegio elettorale la D’Elia ha preso appena il 7%. E la Matone circa il 3%. Come dire, sono eletti e non rappresentano nessuno.
Un fiasco abissale che non solo conferma il vulnus di una classe dirigente nazionale, regionale e comunale, che non riesce a esprimere una degna successione, se non nel segno della continuità e dell’eternità di chi comanda sempre e da sempre.

Ma conferma soprattutto la distanza radicale del popolo dal Palazzo. Perché? Sì, possiamo parlare di “effetto-Covid”, ma non nel senso spiegato dai leader, dai giornali, dai commentatori ufficiali e dalle tv.
E’ il vero “effetto-Draghi”: il commissariamento della politica, la sensazione che tanto i conti, le decisioni, le scelte, siano concepite, fatte e imposte dall’alto, col pretesto dell’emergenza pandemica ed economica, dal premier e pochi eletti; la certezza che il parlamento sia saltato, ridotto a mero passivo certificatore, e che i duelli tra i partiti (specialmente Letta e Salvini), siano tristemente e inutilmente periferici e virtuali.

E i fatti non sono opinabili: se si sono degnati di deporre la scheda soltanto 21mila romani su 185mila, è un dramma.
C’è mezza Italia che, invece, aspetta una voce, una bandiera, capace di saldare il dissenso nei confronti della politica vaccinista del governo, la compressione delle libertà costituzionali, il mondo del lavoro che si sente tradito dalla Triplice, i delusi dalla destra, dalla sinistra, dai grillini e pure dalla Chiesa. Un’autostrada che deve essere percorsa da qualcuno oltre gli schemi e le letture del passato.

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