PIL e inflazione, l’Italia frena e l’Europa la sgrida

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L’Europa frena, anzi inchioda, e tra i passeggeri l’Italia è l’unica senza cintura di sicurezza. È questa la triste sintesi dei dati che Bruxelles ha diffuso ieri sulla ripresa economica e il rischio inflazione, che rischiano di piombare molti paesi del continente in una vera e propria stagflazione.

Secondo le previsioni economiche di primavera della Commissione Ue la crescita nell’eurozona sarà del 2,7% nel 2022 e del 2,3% nel 2023 (i dati precedenti parlavano rispettivamente del 4% e del 2,7%), mentre il tasso d’inflazione si dovrebbe attestare intorno al 6,1% nel 2022 (a febbraio, prima dell’inizio della guerra in Ucraina, era appena al 3,5%). Divergenze da imputare quasi del tutto al repentino aumento del prezzo dell’energia. Tutto questo ovviamente senza considerare il verificarsi dello scenario peggiore; se il conflitto dovesse proseguire o se la fornitura di petrolio e gas dalla Russia dovessero interrompersi la decrescita del Pil sarebbe inevitabile.

In questo scenario mediamente fosco la situazione del nostro Paese è la più difficile: per i tecnici della Commissione il deficit italiano, dal 7,2% del 2021, quest’anno si attesterà al 5,5% per scendere al 4,3% nel 2023. Il Pil invece, che a inizio anno si prevedeva sarebbe cresciuto nel 2022 del 4,1%, salirà di un misero 2,4%. Dato che queste percentuali “non parlano chiaro” ve le traduciamo in euro sonanti: parliamo di 30 miliardi di euro persi.

Questi numeri rischiano di rendere il nostro indebitamente insostenibile. Non va molto meglio sul versante inflazione, che si terrà nella media europea (al 6%) nel 2022, causando un sicuro impoverimento dei lavoratori dipendenti perché i salari, se pure dovessero crescere, lo faranno in percentuale molto ridotta. È quindi probabile che molti italiani saranno costretti a ridurre i loro consumi, causando una diminuzione degli introiti di aziende e piccoli imprenditori. La ricetta perfetta per una nuova crisi.

Tanto per cambiare l’Italia è di nuovo sorvegliata speciale, e questa volta le raccomandazioni di Bruxelles sono arrivate per bocca di Paolo Gentiloni, che si è rivolto direttamente ai partiti che sostengono – sempre più malvolentieri – l’esecutivo Draghi: basta chiedere scostamenti di bilancio, soprattutto se servono a distribuire quattrini a pioggia per questo o quel sussidio. I fondi del PNRR, gli unici disponibili, vanno usati solo per progetti d’investimento, che garantiscano qualche ritorno nel medio e lungo periodo. La reprimenda del commissario all’Economia è stata necessaria perché Bruxelles quasi sicuramente deciderà di prolungare a causa della guerra la sospensione del Patto di Stabilità, che sarebbe dovuto tornare in vigore a emergenza pandemica finita. Ma Bruxelles non vuole dare l’impressione che questa decisione possa tradursi nel ritorno alla politica delle spese “allegre” (per finanziare redditi, sussidi, flat tax e via elencando) tanto amate da grillini e leghisti.

Le uniche spese consentite, ammonisce Gentiloni, saranno quelle da impiegare negli investimenti, che rappresentano “il modo migliore per evitare che il rallentamento delle nostre economie sia troppo nocivo per i livelli di vita, per il lavoro, per le condizioni delle nostre famiglie”. Insomma, prepariamoci al peggio: il bonus 200 euro potrebbe essere l’ultima mancia concessa da Palazzo Chigi: da oggi in poi per far fronte ai futuri rincari potremo affidarci solo ai nostri portafogli.

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