Non abbiamo fatto in tempo a piangere il piccolo Tommaso, 4 anni, ucciso da un’auto sfrenata che è piombata sul suo asilo a L’Aquila, che c’è arrivata un’altra triste notizia: Silvia, 13 mesi, originaria di un comune del Pescarese, è morta cadendo dal balcone di un Hotel di Sharm el-Sheikh dove era in vacanza con i genitori. La piccola era in braccio al padre, quando, per un movimento improvviso, pare sia sfuggita alla presa del genitore, cadendo nel vuoto.
Incidenti, tragiche fatalità, il killer dell’imponderabilità che si mette in azione: quando muore un bambino è difficile rimanere lucidi e non cercare ossessivamente una colpa qualsiasi negli adulti che lo tenevano in custodia o che hanno concorso in qualche modo all’insieme di cause finite in tragedia. È bene comunque rispettare il dolore e il senso di colpa di chi si sente responsabile, anche se magari non ha alcuna colpa.
Allo stesso modo, non si può nemmeno allargare le braccia e rassegnarsi all’imprevedibilità del destino cinico e baro. Perché sono troppi i bimbi che muoiono in incidenti causati dall’incuria, dalla disattenzione, dall’imprudenza degli adulti. Bisogna sempre valutare con attenzione, caso per caso, tutte le circostanze, avendo ben presente il fatto che, quando si ha a che fare con i bambini, la prudenza non è mai troppa.
Nel caso della piccola Silvia non sappiamo ancora tutti i particolari dell’incidente e possiamo solo, al momento, essere vicini al dolore del padre e della madre. Nel caso invece di Tommaso appare purtroppo evidente l’imprudenza nel comportamento della donna che ha parcheggiato in discesa la sua auto, poi precipitata sui bimbi che giocavano nel giardino dell’asilo.
È risultato che la signora avesse bloccato il veicolo soltanto innestando la marcia e non anche tirando il freno a mano. Uscita dalla macchina per andare a prendere le figlie piccole all’asilo, ha lasciato a bordo il figlio più grande di 12 anni. È bastato che il ragazzo, per gioco o per errore (non si sa), disinserisse la marcia, che l’auto si sfrenasse e ne scaturisse un dramma disumano. Il piccolo Tommaso non ce l’ha fatta e una bambina che giocava con lui non è ancora fuori pericolo.
Tutto è accaduto in un attimo, un maledetto attimo. Però, se il freno a mano fosse stato inserito, la tragedia non sarebbe con ogni probabilità avvenuta. E Tommaso sarebbe ora a giocare o a dormire nel suo lettino.
Non è giusto infierire su quella donna. Ma rimane il fatto che davanti a un asilo, in fondo a una discesa (certo, non è l’ubicazione migliore per una simile struttura), non si lascia una Passat senza prendere tutte le necessarie precauzioni, quindi innestando marcia e freno a mano insieme, come peraltro è doveroso fare ogni volta che si parcheggia in un pendio.
Il grande assassino in molti casi è lo stress, che abbassa la soglia della prudenza. E, purtroppo, vicende come quella che ha visto per vittima Tommaso, non sono isolate. Sono accadute sciagure anche più terribili, come quelle di genitori che hanno dimenticato i figli piccoli nei parcheggi e sono andati a lavorare, ritrovandoli poi, dopo ore e ore, morti per disidratazione.
Quale successione di pensieri, quali preoccupazioni stringenti possono portare un padre o una madre a dimenticare il figlioletto che dorme in un parcheggio? Quale ansia, quale angustia, quale fretta possono spingere a parcheggiare la propria auto in condizioni di pericolo davanti a un asilo? Il destino è spesso crudele e misterioso.
Ma c’è, in ogni caso, il dramma di tante esistenze in corsa perenne, esistenze cariche di stanchezza e nevrosi, drammi che possono condurre a momentanee eclissi del senso di responsabilità e di prudenza. Eclissi morali che talvolta si rivelano fatali.