Il mainstream globalista non ha mai amato Boris Johnson. Anche di fronte alla sua riconferma, ha usato parole come fiducia “strappata”, “maggioranza spaccata”, “Boris la spunta”, “anatra zoppa”. Lo aveva dato già per morto e sepolto.
La verità è che il premier si è conquistato un voto positivo, andando ben oltre le aspettative: 211 a favore (148 contrari), quando se ne attendeva appena 160. Venti sotto la soglia legale (180).
E la ragione è semplice (un’ostilità che parte da lontano): il leader conservatore innanzitutto ha il torto di essere conservatore e non laburista o progressista, poi di essere un irregolare (e quindi, sfugge alle categorie dei perfetti, buoni e giusti, che contrassegna e contraddistingue il tipico uomo, il classico leader, liberal, radical); infine, e non da ultimo, di aver ribadito la Brexit, proprio nel momento in cui i media e i poteri forti internazionali stavano quasi facendo capire che l’Inghilterra avrebbe fatto un passo indietro, ribadendo la sua fedeltà (tra l’altro mai avuta) a Bruxelles.
Inoltre, la campagna diffamatoria nei suoi confronti è stata tutta all’insegna di un moralismo che ormai imperversa ovunque (si scrive politicamente corretto, si legge pensiero unico). E’ il neo-bigottismo di stampo puritano che sta avvolgendo l’Occidente in una morsa di ipocrisia e di neutralità disinfettata, col risultato di imbastire processi ideologici a ogni piè sospinto. Processi al presente che non piace, al passato che non piace.
Ben inteso, i governanti devono rispettare le regole che impongono ai loro governati, anzi devono essere i primi. E durante il lockdown l’irregolare Boris non ha brillato per coerenza. Ma lo si ama anche per questo. Anarchico, conservatore, amante delle lettere e del buon cibo. Specchio fedele di un Regno Unito molto simile a lui.
E se deve essere giudicato, deve esserlo per i risultati economici, amministrativi, non privati.
Meglio le sue peculiarità, i suoi pregi e difetti, della follia giacobina, salutista, rigorista, paranoica, in cui ci hanno fatto vivere i nostri ministri, e che ancora vorrebbero farci vivere (vero Speranza?).
Ora, superata la crisi, Johnson potrà riprendere il suo cammino. E traghettare il suo paese verso un modello non in linea col mainstream.