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Angac, sciopero dei benzinai sì o no? Parla il presidente

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benzina

Sciopero? Sì, no, forse, dimezzato. L’agitazione dei benzinai, in parte abortita, è stata un capolavoro di equilibrismo tattico, che ha portato ancora una volta a un nulla di fatto. In tale marasma, chi ha sempre rivendicato una posizione equidistante ed equi-distinta dai petrolieri e dalle sigle sindacali storiche è l’Angac, l’Associazione nazionale gestori autonomi carburanti, sede a Cagliari, 900 affiliati in costante aumento. Lospecialegiornale.it ha chiesto a Giuseppe Balia, presidente di Angac, le ragioni della mancata adesione allo sciopero.

«Lo abbiamo fatto per una ragione molto semplice: quando c’è un confronto in atto con il Governo lo sciopero non si fa. In dieci giorni ci hanno convocato tre volte al tavolo permanente istituito per individuare i punti critici di un sistema che non regge più e che va riformato. Fegica, Ficisc e Faib hanno indetto lo sciopero di 48 ore, la Faib ha poi revocato la seconda giornata di agitazione, seguita dalle altre due. Al di là dell’efficacia dell’iniziativa, si è trattato di una forma di protesta per contestare gli accordi con le compagnie petrolifere che loro stesse hanno sottoscritto. A noi preme, invece, che i petrolieri ci riconoscano finalmente un margine di guadagno congruo. Oggi molti gestori sono vittime di autentico caporalato e di mobbing commerciale. Stiamo discutendo con un governo che sembra determinato a risolvere i problemi incancreniti del settore e per questo va solo applaudito. Non capisco l’atteggiamento delle tre vecchie sigle sindacali le quali, ricordo, attualmente rappresentano al massimo il 25 per cento dei gestori».

Presidente Balia, la vostra posizione di equidistanza sembra ormai chiara: né con i petrolieri né con gli altri sindacati. Perché?

«Per forza, è stato uno sciopero in favore delle compagnie petrolifere. In 45 anni di attività non ho mai visto un’astensione che favorisse la controparte. Tutti gli accordi sottoscritti negli ultimi venti anni, sempre al ribasso, hanno portato i gestori a diventare subalterni ai petrolieri. Dal 2002 non c’è concorrenza, perché le sette-otto compagnie di riferimento fanno cartello, di contro 20mila gestori possono mai fare cartello? Certo che no, noi siamo commercianti e l’anima del commercio è la concorrenza. Il doppio prezzo nell’area di servizio è fuorviante, il vero prezzo è quello “self”, tutto il resto se lo porta via la compagnia, e in anticipo. Noi dobbiamo aspettare a fine mese che i fornitori facciano il conguaglio e ci paghino».

Per settimane tutta l’attenzione mediatica si è concentrata sulle ormai leggendarie accise. Non è che queste imposte stiano diventando un falso problema?

«Ovvio, perché non c’è un sistema di controllo del prezzo. In realtà per garantire gli automobilisti, il gestore dovrebbe esporre il prezzo di acquisto e le compagnie dovrebbe comunicare al ministero il prezzo di vendita. Si è molto dibattuto sul prezzo medio, noi siamo contrari poiché non è indicativo, è fuorviante. Su questa battaglia siamo soli. Tutto nasce purtroppo dalle famose “lenzuolate” di Bersani che hanno liberalizzato il sistema tranne l’operatività dei piccoli gestori ancora vincolati ai margini imposti dai petrolieri. Chi non è dentro non lo capisce, noi abbiamo famiglie e dipendenti, ci sono colleghi che portano a casa appena 50 euro al giorno. Inaccettabile. Un’altra questione che andrebbe seriamente affrontata poi è quella del bancomat. Il pagamento telematico è un servizio che rendiamo volentieri agli automobilisti perché riduce il rischio di rapine, ma non possiamo più reggere commissioni annue da 10mila o 20mila euro. A questo punto o le pagano i clienti o se le cariche lo Stato»

A chi fa comodo questo caos?

«Naturalmente alle compagnie petrolifere e ai loro fiancheggiatori. L’Angac da tempo ripropone l’istituzione del Cip, il Comitato interministeriale prezzi. Storicamente sappiamo che in congiunture negative, condizionate da eventi di forte impatto economico, interveniva il Cip e fissava il prezzo unico in tutta Italia. Questa liberalizzazione ha svilito la nostra professione: un tempo l’automobilista arrivava e riceveva l’assistenza completa: dalla benzina alla pressione degli pneumatici. Ora all’utente interessa solo il prezzo al litro».

Presidente Balia, secondo lei anche il fenomeno delle pompe bianche è stata una reazione alle anomalie del sistema?

«In realtà le pompe bianche sono esse stesse un’anomalia perché hanno contribuito ad alterare il mercato dei carburanti. In Italia si registrano dai 13 ai 15 miliardi di evasione fiscale all’anno nel settore dei carburanti che arrivano dall’estero, senza accise e senza Iva. Quando lei vede prezzi troppo bassi, lì c’è evasione fiscale. Noi non possiamo reggere la concorrenza di quei prezzi perché abbiamo un contratto in esclusiva con le compagnie petrolifere e siamo controllati da remoto, sanno quanto compriamo e vendiamo, sanno tutto. Abbiamo fatto decine di esposti, ma si non è mosso nessuno. Ma non solo. Facciamo decine di corsi per garantire la sicurezza del cliente in casi di emergenza nelle aree di servizio. Tutto inutile, arriva un automobilista qualunque per rifornirsi al self e fa le stesse cose che facciamo noi. C’è gente che fuma o che parla al telefono mentre fa benzina, addirittura è capitato che qualcuno se ne sia andato con la pompa attaccata all’auto…».

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