Forse in questo particolare momento storico c’è bisogno di Gianfranco Fini. Per tante ragioni: la nostalgia per la politica con la “p” maiuscola, la credibilità, l’affidabilità.
Si poteva come si può sempre, dissentire dalle scelte, ma si ragionava, c’era un codice, che veniva da quella tanto odiata prima Repubblica (uomini e dirigenti che comunque ci hanno formato), la cui fine sotto la scure di Tangentopoli, segnò proprio l’irrompere di una destra che uscendo dal “ghetto”, divenne protagonista (in quanto partito pulito, legalitario, non compromesso con la partitocrazia), trasformandosi gradualmente in forza di governo.
Quel codice si chiama cultura politica, capacità di rappresentare le idealità e le istanze della società, facendole diventare progettualità, visione.
Quella cultura politica di cui oggi si sente il bisogno. Troppa comunicazione social, troppo spettacolo, troppi annunci che sostituiscono i fatti, troppa pancia, incompetenza e superficialità. Una politica che si sta eccessivamente specchiando e identificando nella liquidità generale. E che attenzione, ne paga gli effetti: consenso veloce e tracolli veloci (ne sanno qualcosa sia Renzi, sia Salvini).
Ricordo quando Fini, presidente della Camera, mi chiamò ad assumere l’incarico di responsabile della formazione della comunicazione per Fare Futuro, la sua fondazione vero e proprio think tank di selezione della classe dirigente: giornalisti, politici, studiosi, intellettuali, giovani, impegnati a creare le condizioni di un perimetro culturale, apripista di quello che poi, sarebbe stato il Pdl (il Comitato dei 30, insieme alla Fondazione Liberal e Craxi), grazie all’incontro tra il pensiero liberale, conservatore e cattolico. Argomento su cui avevo scritto vari libri.
Poi, quell’esperienza (il Pdl) andò come andò e il berlusconismo specialmente culturale, prese il sopravvento sul Dna della destra. Ma non è questo il tema.
Alleanza nazionale era già la base di un grande moderno partito conservatore.
Ma lui cosa vuol fare? Per ora è riapparso in pubblico, dopo una fase comprensibilmente riservata (la vicenda giudiziaria). Presenze di un certo peso: prima l’incontro con la stampa estera all’indomani della vittoria di Giorgia Meloni, poi una doppia apparizione in tv da Lucia Annunziata in cui ha dispensato suggerimenti e consigli al primo premier italiano di destra. Quindi, in tv da Lilli Gruber, infine a BellaMa e a una manifestazione a Napoli, organizzata da Raisi.
E ha fatto pure retromarcia su Fdi, a suo tempo giudicato un esperimento non utile.
L’ultima sua azione politica, un tentativo di conciliare il no al referendum proposto da Renzi, coniugandolo col presidenzialismo. Riforma che la Meloni ha ripreso, come punto distintivo del suo esecutivo.
Dalle indiscrezioni trapelate, con la premier si sente spesso. Ecco, un buon punto di partenza sarebbe un ruolo di consigliere, di risorsa della destra di governo.
Tutti in fondo imparano dai loro errori e i processi storici anche se non si assomigliano, presentano delle costanti utili da non dimenticare e da attualizzare.
Fini resta una spanna sopra a tutti. Preparato come pochi e dotato di analisi senza pari. L’unico vero leader di una destra moderna e miglior politico di oggi.