Amanda Knox, condannata e poi assolta per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher avvenuto il 1° novembre 2007 a Perugia, ha voluto incontrare il sostituto procuratore oggi in pensione Giuliano Mignini che l’aveva indagata insieme a Raffaele Sollecito. È lo stesso magistrato a rivelare il loro incontro nella nuova edizione del suo libro “Caso Meredith Kercher. Una vicenda giudiziaria tra due continenti”. “Credo avesse bisogno di parlare con l’uomo che l’ha ritenuta colpevole, di resettare quel dolore. Nonostante io fossi il pm lei sentiva di potersi fidare di me”, ha detto Mignini, che però specifica di non aver cambiato idea sull’impianto accusatorio sostenuto nel processo. I due hanno cenato in un ristorante alla periferia di Perugia, con il marito e la figlia di Amanda: “La donna che ho incontrato non ha niente a che fare con la ragazza di allora. Tra noi è nato un nuovo rapporto, ci scriviamo e lei mi manda le foto della bimba e gli auguri per le feste”. Una vicenda che fa riflettere. Abbiamo chiesto un commento in merito alla criminologa Roberta Bruzzone che si è occupata molto del caso in passato, e ha seguito sia il lavoro investigativo del pm che gli sviluppi dei processi.
Cosa pensa di questa vicenda rivelata dall’ex magistrato nel suo libro? Perché secondo lei Amanda Knox ha sentito il bisogno di incontrare il suo accusatore e stringere con lui un rapporto di amicizia?
“Sicuramente siamo in presenza di uno sviluppo abbastanza peculiare e difficilmente prevedibile. Sotto il profilo psicologico però non faccio molta fatica a considerare le ragioni che possono aver spinto la Knox a voler incontrare il pm del suo processo”.
E quali possono essere?
“Credo voglia cercare di fugare le molte ombre che ancora l’accompagnano. La sua vicenda giudiziaria è stata complessa, con ben cinque gradi di giudizio. Se si legge la sentenza finale, ovvera quella con cui viene assolta dalla Cassazione che ha annullato senza rinvio la condanna del processo di appello bis, ci si rende conto che comunque i giudici non ci sono andati molto leggeri nei suoi confronti, anche se poi di fatto l’hanno assolta. Quindi ci può stare che in questo modo lei voglia dissipare quelle ombre residue che ancora permangono e in qualche modo la circondano”.
E per quanto riguarda invece il pm? E’ vero che ha atteso di andare in pensione per incontrare Amanda e che non ha cambiato idea sulle sue responsabilità, ma che senso ha instaurare un rapporto di amicizia con lei?
“Effettivamente la disponibilità del dottor Mignini ad incontrarla e ad instaurare un dialogo era meno prevedibile. Il fatto che sia addirittura nata un’amicizia a distanza fra i due è un tipo di sviluppo davvero molto difficile da poter prevedere. Ma anche qui credo che esista una spiegazione plausibile”.
Quale?
“Per Mignini la vicenda di Perugia è da considerare complessivamente un fallimento giudiziario che in qualche modo ha pesato sulla sua carriera. Lui aveva individuato e accusato dell’omicidio tre soggetti, ma alla fine è riuscito a farne condannare soltanto uno, Rudy Guede. Per lui è stata una sconfitta importante e molto significativa. Penso quindi che entrambi, lui e Amanda, siano desiderosi di voltare pagina definitivamente su questa vicenda e hanno trovato forse così il modo per riuscirci”.
Raffaele Sollecito, ex fidanzato di Amanda e come lei accusato dell’omicidio e poi assolto, non è dello stesso avviso e ha escluso di poter diventare amico del pm.
“Non mi stupisce la reazione di Sollecito, lui continua ad essere profondamente arrabbiato per tutto quello che è successo. E’ in una condizione psicologica che oggettivamente impedisce la possibilità di poter instaurare qualsiasi tipo di dialogo con chi lo ha accusato. E’ molto difficile per lui riuscire a superare certe questioni”.