Aifa contro vitamina D, Tarro: “Assurdo, dicano la verità sui vaccini”

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L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha aggiornato i criteri di appropriatezza prescrittiva di vitamina D per la prevenzione e il trattamento degli stati di carenza nell’adulto, in base a nuove pubblicazioni scientifiche che avrebbero ulteriormente chiarito la mancanza di benefici per Covid e per le ossa nei sani. Ma dalla Società Italiana di Endocrinologia insorgono: “La nuova stretta sulla prescrizione di vitamina D è basata su una logica economica ma non clinicamente valida. Il risultato è che i cittadini ormai quasi sempre la pagano per conto loro. Studi sperimentali mostrano quanto sia importante per tantissimi apparati, da quello immunitario a quello scheletrico. Varrebbe la pena studiare meglio questo ormone, con studi clinici ampi e complessi, che ne valutino l’impatto sullo stato di salute generale della persona”. Ne abbiamo parlato con Giulio Tarro, primario emerito dell’Ospedale Cotugno di Napoli, allievo di Albert Sabin, inventore del vaccino contro la poliomielite, e proclamato miglior virologo dell’anno nel 2018 dall’Associazione internazionale dei migliori professionisti del mondo.

Cosa pensa di questa decisione dell’Aifa di limitare le prescrizioni di vitamina D sostenendo che i suoi benefici sarebbero molto limitati?

“La vitamina D è indispensabile per l’accrescimento anche delle ossa. Gli ortopedici solitamente la consigliano soprattutto dai 65 anni in poi insieme al calcio. Si tratta di professionisti seri che io stimo moltissimo. Poi ovviamente non a tutti produce gli stessi effetti benefici, questo mi sembra ovvio.”.

La decisione dell’Aifa si basa su due studi, uno americano, l’altro europeo che avrebbero entrambi concluso che “la supplementazione con dosi di vitamina D più che adeguate e per diversi anni non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi”. Come commenta?

“Guardi che gli obiettivi della vitamina D non sono soltanto questi. Non comprendo sinceramente il senso di questi studi e francamente non mi pare abbiano scoperto chissà cosa di così fondamentale. Sappiamo benissimo quali sono le vitamine essenziali e i fattori vitaminici che se ne possono ricavare a iosa, ma la vitamina D ritengo faccia parte di questa indispensabilità. Poi legittimo fare ricerche e studi che possano anche dimostrare una riduzione degli effetti, ma ciò non toglie che l’apporto rimane essenziale specie dopo una certa età, quando diventa fondamentale per sviluppare il metabolismo dello stesso calcio”.

La Società Italiana di Endocrinologia infatti contesta la decisione dell’Aifa e parla di una scelta prettamente economica senza alcuna evidenza scientifica. E’ d’accordo?

“Sono d’accordo, anche perché ci sono altri studi altrettanto autorevoli che dimostrano invece quanto sia importante l’apporto di vitamina D, ancora di più dopo l’avvento del Covid fungendo da ottimo deterrente contro l’infezione”.

Invece l’Aifa mette in dubbio anche questo, sostenendo che sulla base di questi studi la vitamina D non avrebbe prodotto alcun tipo di efficacia nella lotta contro il Covid.

“All’Aifa dovrebbero farsi un serio esame di coscienza e spiegare per quale motivo non si sono neanche presentati davanti al Tar del Lazio per fare luce sulle autorizzazioni relative ai vaccini e sul possesso dei necessari requisiti di efficacia e sicurezza. Le sembra un comportamento corretto alla luce delle tante denunce di decessi seguiti alla somministrazione dei vaccini? Cosa dobbiamo pensare? Non mi pare poi che l’Aifa possa dare lezioni da questo punto di vista, ricordiamo tutti cosa ha prodotto l’obbligo della vigile attesa nelle prime fasi dell’infezione”.

Lei quindi ritiene che contro il Covid la vitamina D sia stata realmente efficace?

“Senza dubbio, ha fatto parte di quel gruppo di presidi naturali insieme alla vitamina C che sono stati utilissimi nel rafforzare le misure di protezione contro l’infezione”.

Recentemente l’Ema ha messo anche sotto inchiesta i farmaci contro il raffreddore contenenti pseudoefedrina evidenziando possibili correlazioni con un incremento dei casi di ischemia cerebrale e ictus. Ma come mai invece nessuno indaga sulle sospette correlazioni legate alla somministrazione dei vaccini?

“Non possono farlo perchè dovrebbero ammettere le loro responsabilità. Purtroppo per loro però in America il Vaers, che misura gli effetti avversi da vaccino, ha confermato l’esistenza di correlazioni fra le vaccinazioni e i numerosi decessi che si sono registrati. Non si può inoltre disconoscere ciò che hanno evidenziato gli studi inglesi, appurando come dopo due vaccinazioni si rischiava seriamente di pregiudicare le difese immunitarie verso tutti gli altri tipi di infezione; e non possiamo neanche dimenticare gli israeliani che sono stati leader nel campo delle vaccinazioni, trovandosi obbligati a sospendere la quarta dose in seguito all’allarmante aumento dei casi di danni cardiovascolari. Poi da noi vedi l’Aifa che nemmeno si presenta davanti ai giudici per chiarire come sono stati autorizzati i vaccini in Italia”.

Come si può capire se un ictus o un’ ischemia possono essere o meno indotte da vaccini o da farmaci che si assumono?

“Ci deve sempre essere una prova a monte prima di vaccinarsi o di sottoporsi ad un particolare trattamento farmacologico, attraverso il famoso pannello trombofilico essenziale a determinare geneticamente se si possono ereditare dai genitori una serie di geni tali da sconsigliare qualsiasi tipo di vaccinazione. E’ ciò che non è stato fatto in occasione del Covid 19, ed è per questo che si è assistito a numerosi casi di decessi soprattutto di adulti giovani. E’ quindi doveroso fare sempre questo tipo di ricerche prima di sottoporsi a determinati trattamenti e i cittadini dovrebbero essere messi nelle condizioni di farlo gratuitamente. Anche se esiste una minima percentuale che una persona possa subire un danno nel vaccinarsi, è auspicabile che non corra questo rischio”.

Pensa si arriverà mai a conoscere la verità sui vaccini e sugli effetti avversi?

“In America questo è stato fatto, il Vaers ha certificato che il 51% dei casi di letalità era collegato alla somministrazione dei vaccini ad mRNA messaggero. Ciò non vuol dire che tutti i vaccini sono letali e uccidono le persone, ma che si sarebbero dovuti somministrare in maniera molto più prudente e dopo un’attenta valutazione dei rischi. Da noi mancano gli organismi preposti a questo compito, e chi dovrebbe dire come stanno le cose scappa davanti a chi chiede spiegazioni”.

 

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