Armocromia, parla Geloni: “Perché Schlein non ha sbagliato”

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“Ma è così difficile dire che quello che ha detto la Meloni nel video del primo maggio non è vero?” Se lo è chiesto con un post su Facebook la giornalista e politologa Chiara Geloni, già direttrice di Youdem (il canale televisivo del Pd) e oggi responsabile della comunicazione di Pierluigi Bersani, che apre un vero e proprio focus su come le modalità di comunicazione dei media siano forse uno dei punti di forza di Giorgia Meloni. L’abbiamo intervistata anche in merito alle polemiche innescate dall’intervista di Elly Schlein a Vogue. E’ stata un boomerang per la segretaria del Pd?

Dunque l’opposizione è incapace di controbbattere mediaticamente ed in maniera efficace alla comunicazione di Palazzo Chigi?

“Nel mio post mi riferivo alla stampa in generale. Non voglio generalizzare, ma ho visto i principali quotidiani italiani aprire con dei pezzi che parlavano di tutto tranne che dei contenuti del video di Giorgia Meloni in cui elencava le misure del decreto lavoro. E’ così difficile smentire ciò che dice?  Non sto parlando di tutti i giornali italiani, per esempio La Stampa ha evidenziato che quello della Meloni non è il più grande taglio delle tasse degli ultimi anni, e non era affatto difficile dimostrarlo. Ma altri hanno preferito dare più importanza alla qualità del video, o al massimo si sono limitati a porre dubbi con tanto di punto interrogativo sulle affermazioni della premier. Come se ai lettori fosse concesso di rispondere a propria scelta. Tutto questo mi fa pensare che da parte di certa stampa ci sia la volontà di dare un credito eccessivo al governo consentendole poi il successo di operazioni come quella del video”.

Dal punto di vista comunicativo come giudica lei quel video?

“L’ho considerato francamente manipolatorio rispetto ai contenuti del decreto. A mio giudizio ci sono aspetti molto discutibili, soprattutto perché le misure del governo aumentano la precarietà a fronte di un sostegno minimo e circoscritto nelle buste paga dei lavoratori”.

E’ riuscita secondo lei la Meloni a scippare il primo maggio alla sinistra come diversi analisti hanno sostenuto in questi giorni?

“Faccio molta fatica ad accettare questa modalità competitiva sul primo maggio. Il governo ci ha voluto dire che il primo maggio non appartiene soltanto alla sinistra e questo mi pare un concetto ovvio. Se tutti quelli che festeggiano il primo maggio fossero di sinistra, la Meloni non sarebbe mai arrivata a Palazzo Chigi. Il problema è però un altro, ovvero il tentativo della Meloni di affermare un’egemonia su ricorrenze civili come il 25 aprile e il primo maggio che dovrebbero appunto essere di tutti. E questo perché non riesce a riconoscersi nel vero significato di queste ricorrenze”.

La destra però sostiene il contrario, ovvero che è stata la sinistra ad egemonizzare il 25 aprile e la festa del lavoro. Come risponde?

“Trovo assurdo che ci sia bisogno di spiegare tanto il 25 aprile che il primo maggio. La verità è che questa lettura competitiva, un po’ vittimista e un po’ aggressiva, è proprio la dimostrazione di una difficoltà evidente della destra a riconoscersi nella memoria condivisa di questo Paese. Ma in questo modo non si afferma affatto un’egemonia, piuttosto si evidenzia da parte della destra un minoritarismo culturale. La Meloni avrebbe avuto molte occasioni in questi mesi per dire parole chiare e definitive per una destra nuova, moderna, innovativa, sradicata dal passato e capace di guardare al futuro. Invece mi è sembrata molto in difficoltà da questo punto di vista”.

Il primo maggio ha costituito le premesse per unire le opposizioni, oppure è stata un’altra occasione perduta?

“Vedo un’opposizione ancora in difficoltà, nonostante stia facendo dei passi per uscire da questa situazione. Ma si tratta di processi che non possono concretizzarsi in un giorno. Il tentativo di trovare una chiave di opposizione comune ci sta, anche fra le forze sindacali dove tuttavia non mancano le differenze. Mi pare evidente la diversità di accenti della Cisl rispetto alla Cgil e alla Uil, però la volontà di trovare parole d’ordine comune sembra ci sia. Poi certo le difficoltà permangono, tanti fattori rendono complicato il percorso, oltre alle scorie delle divisioni di un passato anche piuttosto recente”.

Un’altra polemica che ha tenuto banco in questi ultimi giorni è stata determinata dall’intervista della segretaria dem Elly Schlein alla rivista Vogue in cui ha svelato di avere l’armocromista per farsi consigliare il colore del vestito da indossare. Anche lei pensa sia stata inopportuna?

“Non sono una fans né delle interviste a Vogue né tantomeno dell’armocromia, ma la reazione del circuito mediatico alle cinque righe di un’intervista composta da trenta domande che toccava mille altri temi, mi è sembrata ingiustificata e soprattutto spropositata. Ho trovato sostanzialmente inconsistenti le polemiche giornalistiche sulla segretaria glamour e sulla sinistra del lusso, anche perché la risposta della Schlein in realtà va in direzione diametralmente opposta al significato che tutti le hanno dato; ovvero quello di farsi consigliare sui vestiti perché non le importa nulla e non è neanche molto brava a vestirsi”.

Però rilasciare un’intervista a Vogue non è stata una scelta azzardata per una leader di sinistra?

“Leggere Vogue non significa automaticamente essere una radical chic o un’aspirante fotomodella, questi mi paiono francamente dei luoghi comuni. Resta il fatto che quell’intervista ha sicuramente avuto un numero di lettori superiori rispetto a quello che avrebbe ottenuto sulle pagine politiche di un qualsiasi quotidiano. Questo perché ha permesso di andare oltre il bacino tradizionale dei lettori del circuito politico mediatico. Penso che Elly Schlein abbia fatto una scelta assolutamente consapevole e non credo sia caduta in una trappola. Forse dobbiamo imparare a fare i conti con una personalità demo-politica capace di compiere scelte diverse rispetto a quelle cui siamo abituati”.

E’ ancora credibile quindi come leader di una sinistra cosiddetta radicale?

“Elly Schlein è la leader del Pd, punto. Non è la leader della sinistra radicale. Anche questa continua narrazione del suo presunto estremismo penso sia funzionale ai desideri di qualche  avversario politico. Non c’è niente di estremista in lei, né di massimalista nelle posizioni che il Pd andrà ad assumere. Semplicemente è una leader diversa da quelli che abbiamo finora conosciuto, perché è donna, è giovane, parla un linguaggio nuovo. La sua radicalità su alcuni temi non è affatto sinonimo di estremismo, è frutto della sensibilità di una persona della sua generazione rispetto a certi temi come l’ambiente, i diritti del lavoro, il precariato, la questione dell’immigrazione e dei diritti civili. Ma questa etichetta di estremista è un’operazione prettamente propagandistica che non credo produrrà effetti. Avere contro tutto l’establishment non è affatto negativo, anzi l’esperienza ha dimostrato che rafforza la presa di alcuni leader”.

Però capirà bene che un operaio fatica a riconoscersi in una leader di sinistra che paga 300 euro all’ora un’armocromista per farsi consigliare sul colore dei vestiti. Non trova?

“Anche qui credo che tutto sia frutto dell’indiscrezione di questa armocromista che lei ha citato e che si è precipitata a rilasciare dichiarazioni con tanto di tariffario, decrizione degli abiti e tanti altri dettagli che in realtà non facevano parte dell’intervista di Elly Schlein. Ciò premesso, non penso che l’operaio si scandalizzi del fatto che, come la maggior parte dei politici, anche la segretaria del Pd ha dei consulenti per l’immagine e la comunicazione. Semmai l’operaio dovrebbe essere più infastidito della propaganda di chi dice che con il decreto lavoro avrà un grande beneficio economico e invece non si ritroverà affatto i cento euro in più di cui ha parlato la Meloni nel video. E dovrebbe indignarsi di più nel sapere che per finanziare il taglio del cuneo fiscale, come già avvenuto non si finanzieranno più i tagli alle accise delle benzina o si andrà a tagliare sulla sanità. Penso che alle persone interessino di più gli effetti delle misure economiche sulla loro vita, non certo il fatto che una volta ogni tanto, non certo ogni ora,  una leader politica spenda 300 euro per farsi consigliare sul vestito. Penso che un tailleur della Meloni costi più di 300 euro. Perché su questo piano nessuno critica i politici di destra? Soltanto quelli di sinistra devono vestirsi con il saio di San Francesco e non curarsi del proprio look”.

Però la popolarità della Meloni sembra ancora molto alta nei sondaggi. Come lo spiega?

“Rispetto alla luna di miele che tutti i governi attraversano, mi pare che sulla vicenda di Cutro vi sia stata già una battuta d’arresto. Ho l’impressione che la popolarità di Giorgia Meloni abbia iniziato a fare i conti con la realtà, anche se il consenso oggettivamente è ancora alto. Il suo primato nel centrodestra non è in discussione, come non lo è il primato di Fratelli d’Italia nel panorama politico. Però mi pare che le difficoltà inizino a manifestarsi, soprattutto all’interno della maggioranza, come dimostra la pessima figura fatta alla Camera la scorsa settimana con la mancata approvazione dello scostamento di bilancio al Def, causa mancanza della maggioranza assoluta. Poi c’è il forte limite che ha la premier a confrontarsi con la stampa non amica, che secondo me è il sintomo evidente di una difficoltà oggettiva a sostenere le proprie posizioni con chi è capace a smontarle. Per questo preferisce i video ben fatti ma senza contraddittorio, e a lungo andare penso che questo non l’agevolerà più”

 

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