ALLUVIONE. Parla il capo squadra dei volontari di Amatrice: “Il Governo non ci dimenticherà”

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L’Emilia chiama Amatrice risponde. Cos’hanno in comune le due città? L’ha spiegato bene il sindaco della città reatina Giorgio Cortellesi: “Solo chi ha provato lo stesso dolore, perdere i propri cari e le cose più care, può capirlo”. Stiamo parlando di aiuti concreti. E soprattutto, sempre parole del sindaco “la solidarietà ricevuta da tutti gli italiani che ci sono stati vicini dopo il terremoto del 2016, e la solidarietà restituita a chi come noi ha bisogno in questo momento, cioè la popolazione emiliana colpita nel profondo”.
Da Amatrice, questa è la notizia, sono partite due squadre di volontari coordinate dal consigliere comunale di maggioranza Fabio D’Angelo, che con pulmini ad hoc hanno portato macchinari per assorbire il fango, zappe e altri strumenti per ripulire le zone alluvionate.
Un’azione solidale, ma anche di speranza. E con un messaggio preciso alle istituzioni, sia alla premier Giorgia Meloni, sia al ministro Musumeci.
Cortellesi, infatti, ha posto l’accento su ciò che dovrebbe fare la politica: “Scelte e decisioni prospettiche di gestione e cura del territorio, controllo degli argini dei fiumi”, con aggiunta una proposta: “Visto che siamo molto bravi nell’emergenza, dovremmo esserlo di più nel dopo. Perché non accada che ad esempio, ogni ricostruzione si trovi ad affrontare lacci burocratici, difficoltà di ogni tipo, problematiche legate alle varie catene di comando. Meglio realizzare una struttura permanente che abbia come scopo il governo delle calamità”.

Lo Speciale ha raggiunto Angelo Bonanni (in foto), che ha guidato la prima squadra di volontari di Amatrice. Angelo è un uomo volitivo e generoso, si distribuisce come fa la sua famiglia da decenni, tra attività agricola, allevamento di cavalli e un’affermata attività di ristorazione.

Con che spirito è partito e che spirito c’è stato nella sua squadra?

“Si può sintetizzare in poche parole: voglia di fare e dare una mano alla popolazione di Cesena. Persone, famiglie, anziani e piccoli che hanno subìto un danno grande, immenso. Per me e per il mio gruppo è stato come tornare indietro al terremoto del 2016, a ciò che abbiamo vissuto, provato, a come poi abbiamo reagito. Non ci siamo mai lasciati andare alla paura, allo sconforto”.

Che situazione avete trovato?

“E’ stata una catastrofe, macchine distrutte, mobili ammassati ovunque. Un colpo d’occhio drammatico vedere gli oggetti di una vita delle persone accatastati nelle strade. E noi, senza perdere tempo, abbiamo messo a disposizione le nostre mani, le nostre braccia, la nostra esperienza e soprattutto il nostro cuore”.

Tra il dramma passato da voi e quello attuale dell’Emilia si possono fare analogie?

“Si tratta di disagi diversi accomunati però, dal medesimo dolore pubblico e privato. Noi dovevamo e dobbiamo ricostruire le case, in Emilia le case ci sono, vanno rimesse in sesto, come le strade, i campi, le infrastrutture”.

Come vi ha accolto la popolazione?

“In modo toccante, commovente. Persone stupende. E’ semplice: chi dà amore, riceve amore”.

Non teme ora che le legittime priorità del governo siano per l’Emilia e che Amatrice possa essere dimenticata?

“Non credo. A Roma sanno benissimo ciò che hanno perso gli emiliani e ciò che abbiamo perso noi. So che continueranno ad aiutarci. Sono sicuro”.

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