Erano anni che si non vedevano i clienti abituali dei fruttivendoli costretti ad accontentarsi, in pieno maggio, di mele e di pere, prodotti autunnali. Dei frutti di stagione nemmeno l’ombra, ammazzati proprio sul far della maturazione dall’eccezionale ondata di maltempo culminata nell’alluvione in Emilia Romagna. Qualche cesto di ciliegie spuntato per miracolo su questo o su quel bancone è in vendita allo stesso prezzo dei metalli preziosi, al punto che pure il web ci ha scherzato facendo apparire un’etichetta con su scritto “trattativa riservata”. Al di là della facile ironia, i danni all’agricoltura in questo inizio di primavera sono stati davvero devastanti causando immediatamente l’aumento esponenziale dei prezzi al consumo. Se a ciò si aggiunge i contraccolpi economici generati dalla guerra in Ucraina, la conseguente crisi energetica e l’inflazione il risultato è che il carrello della spesa degli italiani ha perso il 5 per cento dei prodotti pur costando quasi l’8 per cento in più.
Caro carrello. I prezzi erano già schizzati all’inizio di primavera. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Federconsumatori, a marzo pane e cereali sono aumentati del +13,5% rispetto all’anno scorso; le carni +11,3%; pesce e prodotti ittici +10,2%; latte, formaggi e uova +19,6%; oli e grassi +32,9%; vegetali +6%; zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi +14,9%; caffè, tè, cacao +9%; integratori +11,9%. Tali aumenti, essendo su prodotti ad alta frequenza di acquisto pesano in misura maggiore proprio sulle spalle delle famiglie meno abbienti, aumentando così disuguaglianze difficoltà. Federconsumatori segnala quanto stiano crescendo di giorno in giorno le rinunce a cui sono costrette le famiglie: riduzione dei consumi di carne e pesce pari al -16,9% (settori in cui si nota anche uno spostamento verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); riduzione del consumo di frutta e verdura (che riguarda il 12,9% dei cittadini); ricerca sempre più assidua di offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 47% dei cittadini); crescita degli acquisti presso i discount (+11%).
L’alluvione. Dal primo monitoraggio compiuto dalla Coldiretti, l’alluvione in Emilia Romagna ha devastato oltre 5mila aziende agricole e allevamenti in una delle aree più agricole del Paese con una produzione lorda pari a circa 1,5 miliardi di euro all’anno che moltiplica lungo la filiera grazie a un indotto di avanguardia, privato e cooperativo, nella trasformazione e nella distribuzione alimentare che è stato fortemente compromesso. Ai danni sulla produzione agricola si aggiungono quelli alle strutture come gli impianti dei frutteti, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature perse senza contare la necessità di bonificare i terreni e ripristinare la viabilità nelle aree rurali. Sono centinaia le aziende agricole che rischiano di scomparire con i terreni segnati da frane e smottamenti ma a preoccupare – sottolinea la Coldiretti – sono anche i danni alle infrastrutture con strade interrotte e ponti abbattuti con difficoltà a garantire acqua e cibo agli animali isolati per le interruzioni nel sistema viario. L’alluvione ha invaso i campi con la perdita di almeno 400 milioni di chili di grano nei terreni allagati dell’Emilia-Romagna, dove si ottiene circa 1/3 del grano tenero nazionale, in un contesto internazionale già particolarmente difficile. L’esondazione ha sommerso anche i frutteti “soffocando” le radici degli alberi fino a farle marcire con la necessità di espiantare e poi reimpiantare quasi 15 milioni di piante tra pesche, nettarine, kiwi, albicocche, pere, susine, mele, kaki e ciliegi. Preoccupante è pure la situazione per i 250mila bovini, maiali, pecore e capre allevati nelle stalle della Romagna alluvionata dove si contano anche circa 400 allevamenti avicoli, tra polli, galline da uova e tacchini dove secondo la Coldiretti si evidenziano purtroppo diverse situazioni di criticità con migliaia di animali morti e affogati. Consistente anche la produzione di mais, orzo, girasole, soia, erba medica completamente coperta dal fango. Sott’acqua pure ulivi e vigne, travolti dalle frane nelle aree collinari.
Frutta estera. Non a caso, l’osservatorio del Centro Agroalimentare Roma, una delle più grandi strutture europee per la commercializzazione del settore, rivela che già oggi nei mercati all’ingrosso scarseggiano ciliegie e albicocche italiane precoci, a causa delle piogge e delle temperature basse nel mese di maggio, cosi come pesche e nettarine. In seguito all’alluvione in Emilia Romagna ci sarà sui mercati anche una minore disponibilità di alcuni prodotti estivi e autunnali (varietà tardive di pesche, nettarine ma anche dei cachi). Per le mele e pere emiliane di nuova produzione, oltre l’alluvione, anche le gelate primaverili tardive avranno un’incidenza sull’offerta del nuovo raccolto. Una mancanza di disponibilità che, secondo il Centro agroalimentare, comporterà nelle prossime settimane un ulteriore incremento dei prezzi del 15% rispetto a maggio 2022. Data la minore disponibilità negli scaffali di frutta italiana, arriverà in abbondanza offerta dall’estero e in particolare dalla Spagna. Per quanto riguarda gli ortaggi la situazione preoccupa meno, tanto che solo qualche prodotto è di origine estera.
Povertà energetica. L’istituto di sondaggi e ricerche Ipsos definisce il periodo che stiamo vivendo una “poli-crisi”, segnato da una concatenazione di crisi diverse con un drammatico impatto emotivo, economico e sociale. L’81% degli italiani teme di non riuscire ad affrontare le spese nel prossimo futuro. Per la metà (52%) potrebbe essere difficile o persino impossibile sostenere una spesa imprevista; uno su tre (30%) teme la prospettiva di spese importanti, come il cambio di un elettrodomestico; uno su quattro (27%) è preoccupato di non riuscire a pagare le bollette delle utenze domestiche. Sono i prodromi di una montante povertà energetica.