La Russa spiazza tutti col ceffone pedagogico

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La Russa non smette mai di emettere fosforescenze dal suo pizzetto luciferino. La carica di presidente del Senato non lo ha affatto ingessato nell’old style istituzionale. Anzi, sembra avergli trasmesso un nuovo, bergsoniano slancio vitale.

Diciamo che, con Ignazio, un po’ di spirito pop comincia a lambire le massime istituzioni della Repubblica. Se la prima carica dello Stato, Sergio Mattarella, è marmoreo come i Dioscuri che vegliano notte e giorno sul Quirinale (così, beninteso,  deve essere un presidente); se la terza carica, Lorenzo Fontana, continua a essere pressoché sconosciuto al di fuori di piazza Montecitorio (e anche questo va bene vista la voglia di riflettori di Laura Boldrini prima e di Roberto Fico poi); lui, la seconda carica, è invece scoppiettante e sorprendente come una serata futurista. Non c’è settimana che non riesca a far parlare di sé, mettendo in mostra un vasto repertorio di provocazioni: dai temi gravi della storia patria (via Rasella, il  25 Aprile) ai temi lievi del tifo calcistico (ha suggerito a Simone Inzaghi la formazione dell’Inter per la finale di Champions a Istanbul).

Ma l’ultima di La Russa è a dir poco geniale: con una sola dichiarazione, è riuscito a mettere in crisi quattro volte la sinistra delle femministe, dei politicamente corretti e dei pedagoghi progressisti. Prima riportiamo per intero la dichiarazione e poi facciamo l’esegesi. Ecco le parole del presidente del Senato, parole pronunciate a “L’aria che tira” di Myrta Merlino a proposito del femminicidio di Giulia Tramontano: «Mi viene voglia di indire una manifestazione di soli uomini, perché i femminicidi sono una questione di uomini. C’è bisogno di prendere coscienza. Il rispetto delle donne nasce in famiglia. Se vedi tuo figlio che manca di rispetto a una ragazza, tiragli un ceffone, ma tiraglielo forte.

Prima sorpresa: il “fascista” (e quindi necessariamente “maschilista”) Ignazio La Russa propone una manifestazione contro la volenza sulle donne. Seconda sorpresa, correlata alla prima: lo stesso La Russa afferma che i femminicidi dipendono essenzialmente  dalla cattiva coscienza degli uomini (e quindi confuta la sotterranea e maschilistica pulsione a scaricare sulle donne la responsabilità per i casi di violenza contro le stesse). Terza sorpresa: Ignazio ricentra sulla famiglia il compito dell’educazione dei figli. Quarta sorpresa: il presidente del Senato riscopre i metodi correttivi tradizionali (non la paternale progressista ma il rude ceffone). In poche frasi, Ignazio offre un turbine sorprendente  di emozioni, così che alla fine ci ritroviamo un La Russa “femminista” e nello stesso tempo “tradizionalista”.

Ecco, si parla ultimamente di “contro-egemonia” culturale della destra. Be’, il presidente del Senato insegna un metodo: quello di spiazzare sempre gli avversari, di rompere ogni schema, di non essere mai scontato o banale. E tutto questo non per il gusto di essere sempre e comunque originali, ma per la necessità di seguire il semplice buon senso, che si può talvolta rivelare la filosofia più rivoluzionaria che ci sia.

Al dunque, femministe doc come Emma Bonino e Laura Boldrini hanno dovuto esprimere il loro apprezzamento per le parole di La Russa. L’unico commento acido è venuto da un maschio progressista, il corsivista del “Corriere” Massimo Gramellini. Dopo aver fatto un panegirico di Ignazio per le sue dichiarazioni “femministe”, lo attacca sulla faccenda del ceffone («è crollato sul più bello»), per poi esprimere un sollievo finale: ancora esiste una «differenza tra conservatori e liberali». In realtà al sapido corsivista brucia il fatto che si possano dire cose condivisibili dalla sinistra rimanendo di destra. Senza stereotipi, anatemi e rigide divisioni di campo, quelli come Gramellini si sentirebbero persi.

 

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