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Quella strana storia della pioggia artificiale in India

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Nuova Delhi, una delle città più importanti ed inquinate dell’India, sta cercando di affrontare il crescente problema dello smog e dell’inquinamento dell’aria attraverso un approccio innovativo: la pioggia artificiale, ottenuta grazie alle biotecnologie, più precisamente parliamo di cloud seeding. 

Questa pratica, ancora in attesa dell’approvazione della Corte suprema indiana, si considera tuttavia essenziale per la soluzione del problema. La densità della nebbia, causata dallo smog, sta rendendo impraticabile la vita in città, sono infatti bloccate da giorni le attività scolastiche e parte dei trasporti.

La situazione attuale: L’inquinamento atmosferico a Nuova Delhi è principalmente attribuibile all’attività industriale, all’uso di sostanze agricole, al traffico e agli incendi. L’effetto è stato accentuato dai festeggiamenti del Diwali, una delle festività più antiche nella tradizione indiana.

Il rimedio proposto: cosa significa “cloud seeding”? Letteralmente “semina delle nuvole”, si tratta di una pratica biotecnologica che mira a controllare (e aumentare) le precipitazioni, mediante l’introduzione di determinate sostanze chimiche nell’atmosfera. Il procedimento consisterebbe nello spargere particelle di sale – come ioduro o cloruro d’argento – sulle nuvole, utilizzando aerei o dispositivi di dispersione a terra. I granuli di sale agiscono come particelle nucleanti del ghiaccio, consentendo quindi la formazione di cristalli di ghiaccio nelle nuvole. L’umidità nelle nuvole, attaccandosi a questi cristalli di ghiaccio, si condenserebbe in pioggia.

A farsi promotore dell’impiego di questa possibile soluzione innovativa, considerata teoricamente efficace, è stato l’Istituto indiano di tecnologia Kanpur. Tuttavia, il tema è ancora oggetto di acceso dibattito.

In attesa della decisione della Corte suprema, il tema delle biotecnologie sta tornando in auge, portandosi a braccetto tutti i vecchi dubbi e scetticismi. In Italia, sta riemergendo un accordo firmato nel 2002 tra Governo Berlusconi e Amministrazione Bush, dal titolo “Cooperazione Italia-U.S.A. su scienza e tecnologia dei cambiamenti climatici”. Nel controverso documento, sembrerebbe concretizzarsi l’autorizzazione italiana agli esperimenti biotecnologici di manipolazione del clima. Il dubbio sollevato dai più scettici cade ovviamente sul passato. Sono già stati condotti esperimenti su piccola scala? Se questa tecnologia dovesse essere efficiente e già testata, come si spiegherebbe questo temporeggiamento? Altre teorie sostengono addirittura che lo stesso cambiamento climatico possa trovare una giustificazione, anche parzialmente, proprio nella sperimentazione del Cloud seeding.

Insomma, quello delle “scie chimiche” è un argomento fertile di incertezza, non nuovo, ma comunque pronto a rientrare a tempo pieno nel dibattito politico. Tra scienza salvavita ed esperimento distruttivo, sembra plausibile che con il “caso Nuova Delhi”, possa aprirsi un nuovo capitolo della storia scientifica moderna. Ma fino a che punto potremo giocare con questo pianeta?

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