Omicidio Giulia, Meluzzi: “Ma quale patriarcato? Vero problema è maschio fragile”

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“Filippo Turetta non è un mostro. Molte persone lo hanno additato come un mostro, come un malato. Lui non è un mostro, perché un mostro è un’eccezione che esce dai canoni normali della società. Lui è un figlio sano della società patriarcale che è pregna della cultura dello stupro”, ha detto la sorella di Giulia Cecchettin la 22enne di Vigonovo uccisa dall’ex fidanzato poi arrestato in Germania. Abbiamo intervistato lo psichiatra e criminologo forense Alessandro Meluzzi per capire qualcosa in più della figura di quello che tutto lascia supporre sia l’assassino, descritto da tutti come un bravo ragazzo, e per approfondire le cause dell’omicidio. E’ davvero colpa della società patriarcale come si ostinano a ripetere molti? (CLICCA QUI)

Professore, Filippo Turetta viene da tutti descritto come un bravo ragazzo. A questo punto viene da chiedersi: quali sono i criteri e i requisiti che devono sussistere perché un ragazzo sia davvero considerato bravo?

“In questa tragedia purtroppo si stanno ascoltando tanti luoghi comuni, come del resto era anche prevedibile. La parola bravo ragazzo sostanzialmente non significa nulla, ma utilizzata in questa vicenda sembra assumere una mission specifica, ovvero dimostrare che tutti quelli che sono ritenuti bravi ragazzi, cresciuti all’interno di una famiglia cosiddetta tradizionale, in realtà sono pericolosi. Ma la battaglia fra bene e male nella vita degli esseri umani è purtroppo costante. Ciò che però è subdolo non è tanto il fatto che un bravo ragazzo possa poi rivelarsi cattivo, ma l’utilizzo mediatico che si sta facendo di questo dramma, al punto da essere riusciti a mettere d’accordo Meloni e Schlein sulla comune necessità di rieducare il maschio e combattere un patriarcato di cui io non vedo segni da nessuna parte”.

Il patriarcato è sotto attacco, ma davvero in questa vicenda è la causa scatenante di tutto?

“Mi pare che si stia strumentalizzando questa tragedia per colpire ancora una volta l’istituto della famiglia e il concetto stesso di paternità, con l’intento di dimostrare che i mostri provengono dalle famiglie naturali, quelli dove appunto è centrale la figura paterna. La cultura dominante incentrata sui diritti Lgbt, sulla fluidità, sull’indistinto, considera eversivo parlare di matrimonio, di paternità, di padri e di madri, persino di uomo e donna quindi tutto sta tornando utile a questo scopo, ovvero poter dimostrare che la famiglia non è affatto un luogo sano e che chi si ostina a difendere concetti come paternità o maternità in qualche modo è responsabile di quanto avvenuto”.

Ma è sempre colpa del maschio? Se dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna, non è altrettanto vero che dietro un cattivo ragazzo ci possa essere magari una donna sbagliata?

“Mi pare che certi discorsi siano ormai datati e abbondantemente superati, in una società che non vuole più grandi uomini, né grandi donne ma soltanto esseri indistinti e indefiniti. Tutti i discorsi che si stanno ascoltando in queste ore hanno una dupice matrice. Distrarre l’attenzione dai grandi problemi e favorire la lotta all’istituto della famiglia. E lo dico con il massimo rispetto nei confronti di questa povera ragazza e del dramma che stanno vivendo i suoi familiari. Ma fa davvero tristezza ascoltare tanti luoghi comuni su una vicenda che meriterebbe altre considerazioni. Da un lato stiamo discutendo di uomini da rieducare mentre in Medio Oriente si fa strage di essere umani, bambini su tutti, dall’altro si punta a promuovere modelli alternativi alla famiglia e dimostrare come questa sia il luogo del patriarcato dove si sviluppano comportamenti pericolosi”.

C’è chi parla di questo ragazzo come estremamente mite, sia nella vita che nell’attività sportiva, al punto che quando segnava nelle partite c’è chi dice che non era solito esultare controllando le emozioni. A questo punto non è preferibile invece scatenarle le proprie emozioni, mostrare l’esultanza per la vittoria o la rabbia per una sconfitta, se poi questi sono i risultati?

“La ricerca spasmodica di comportamenti individuali in una fase come questa, credo sia uno sport decisamente disdicevole. Questa è una tragica vicenda privata che ci racconta delle cose, non ce ne racconta altre, non sappiamo neanche la dinamica esatta dell’omicidio, eppure ci mettiamo a discettare di come questo ragazzo si comportava in campo e nella vita facendone oggetto di dibattito. Trovo tutto ciò del tutto inutile e anche inaccettabile”.

Si continua a dire alle donne di stare attente con gli uomini, di stare in guardia di fronte a certi segnali. Lei che consiglio si sente invece di dare da uomo?

“Io ho pubblicato un libro alcuni anni fa intitolato “Il Maschio Fragile” ovvero un soggetto incapace di metabolizzare la separazione da una figura femminile da cui è diventato dipendente. Sono proprio i maschi fragili i soggetti che possono diventare pericolosi e commettere un femminicidio. Paradossalmente è molto più sicuro stare con dei Peter Pan infedeli piuttosto che con maschi affetti da fragilità. I femminicidi sono compiuti principalmente da partner ossessivamente fedeli ma anche morbosamente dipendenti che non riescono per questo ad accettare di essere lasciati”.

 

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