Gli occhi dell’Europa sono puntati sulla Francia per una tornata elettorale che potrebbe portare all’Eliseo candidati anti-sistema o “sovranisti” e infliggere all’Unione europea un colpo durissimo. Domenica 23 aprile undici candidati si sfideranno per la presidenza della seconda economia europea.
I principali nomi per l’accesso al secondo turno del 7 maggio sono la candidata di destra radicale Marine Le Pen e il centrista Emmanuel Macron. Alle loro spalle François Fillon, candidato del principale partito di centrodestra e Jean-Luc Mélenchon (esponente della sinistra non socialista).
Lo scenario è molto incerto e a rendere ancora più indecifrabile lo scenario c’è il dato record dell’astensione e dell’incertezza di molti elettori. Il 31% degli elettori sarebbe intenzionato verso il non voto. Una settimana prima del voto, solo il 68% degli elettori registrati (secondo un sondaggio IFOP) dice di essere certo di andare al seggio, una percentuale che è in aumento nelle ultime settimane e che suggerisce una bassa affluenza alle urne. Le elezioni presidenziali sono il momento cruciale della vita politica francese, con una partecipazione di solito molto elevata, intorno all’80%. Nel 2012, il 79,5% degli elettori è andata a votare al primo turno. L’unica eccezione fu nel 2002, quando la bassa affluenza (28,4%) favorì l’imprevisto passaggio al ballottaggio di Jean-Marie Le Pen, presidente del Front National, con l’esclusione a sorpresa del socialista Lionel Jospin. Una performance che Marine Le Pen vorrebbe ripetere quest’anno in circostanze analoghe. La campagna elettorale, contrassegnata da scandali e casi giudiziari non ha senz’altro contribuito ad accrescere il desiderio di partecipazione dell’elettorato. Le nuove candidature, come ad esempio quella di Emmanuel Macron, e un contesto politico inedito, con la possibilità di un ballottaggio tra estrema destra ed estrema sinistra, hanno confuso ulteriormente i riferimenti classici del voto dei francesi. Agli astensionisti recidivi, ai delusi del quinquennio socialista, si aggiunge quindi per l’appuntamento del 23 aprile un numero mai visto di indecisi che non si riconosce più nelle due opposte categorie destra-sinistra e potrebbe passare da uno schieramento all’altro nel giro di una notte. Secondo le ultime inchieste, tra il 30 e il 40% degli elettori di Macron e di Jean-Luc Mélenchon potrebbero cambiare ancora idea. Al contrario l’80% degli elettori di Marine Le Pen e di Francois Fillon sono certi del loro voto.
Se c’è grande incertezza sul nome dei vincitori è, invece, molto facile, prevedere chi uscirà con le ossa rotte dalla contesa elettorale. Tra i principali, il Partito Socialista è, come previsto da molti, quello che avrà probabilmente i risultati peggiori. Il partito è al governo da cinque anni, dopo che nel 2012 riuscì a far eleggere presidente il suo candidato François Hollande. La sua presidenza, però, è stata dal punto di vista del consenso tra le peggiori della storia francese e oggi Hollande è il presidente della Repubblica con il consenso più basso dal dopoguerra ad oggi. Alle primarie del partito lo scorso novembre ha vinto a sorpresa Benoit Hamon, candidato dell’ala sinistra del partito che ha cercato di riportare il partito su posizioni di sinistra più tradizionale. Dopo il crollo dei suoi consensi l’ala moderata del partito ha dichiarato di appoggiare Macron e molti elettori di sinistra hanno preferito sostenere Mélenchon o addirittura Le Pen.