La sentenza della prima Corte d’Assise di Roma ha condannato a 24 anni di reclusione gli afghani Mamur e Zar Jan per l’omicidio della giornalista del Corriere della Sera Maria Grazia Cutuli.
Confermato al processo il movente politico dell’agguato: la giornalista fu vittima di una vera e propria esecuzione, un dato evidenziato anche all’epoca dai giudici della Cassazione, pronunciatisi nel merito.
I due imputati, collegati in videoconferenza dal carcere di Kabul, dovranno risarcire i danni pari a 250mila euro ciascuno alle parti offese Rcs e familiari della giornalista.
Il pm Nadia Plastina, a conclusione della requisitoria aveva chiesto la condanna dei due imputati a 30 anni di reclusione ciascuno perché colpevoli di omicidio e rapina. Quest’ultima accusa si riferiva al furto, insieme con altri ancora non identificati, di una radio, un computer e di una macchina fotografica appartenuti alla giornalista.
«Uccisero la Cutuli e gli altri, colpiti alle spalle a colpi di kalashnikov, e poi si divisero il bottino — ha dichiarato il pm —. Fu un’azione audace e clamorosa messa a segno in un territorio in cui sapevano di godere di complicità».
Cutuli negli ultimi giorni aveva coperto la zona di Jalalabad, e con Fuentes aveva raccontato del ritrovamento di alcune fialette di Sarin, il terribile gas nervino usato dai terroristi giapponesi nel metrò di Tokyo.