“Dal notaio non andremo, basterà votare la Lega per sapere che dopo le elezioni non ci saranno larghe intese”. L’economista del Carroccio Claudio Borghi, nel giorno in cui scoppia la rivolta dei sacchetti con l’entrata in vigore della nuova tassa che comporterà il pagamento nei supermercati delle buste biodegradabili con cui saranno acquistate frutta e verdura, torna ad avvertire gli alleati del centrodestra ma soprattutto punta a rassicurare gli elettori sulla coerenza di Matteo Salvini nella battaglia anti-euro.
Anno nuovo, tassa nuova: adesso è spuntata l’imposta sul sacchetto della spesa. Ma perché a rimetterci ancora una volta sono i consumatori, le fasce deboli?
Si tratta di un balzello particolarmente odioso perché va a colpire la spesa e dunque ad aggiungere ulteriori costi a carico dei cittadini consumatori. C’è già chi si domanda chi beneficerà di questa nuova tassa, avanzando il sospetto di conflitti di interesse e quanto altro, ma lasciamo perdere. Mi ha fatto piacere la levata di scudi che c’è stata in queste ore intorno al provvedimento, ma mi sarebbe piaciuto registrare altrettanta indignazione per le tante tasse che ci vengono imposte per mille altre inutili ragioni, e per le reiterate aggressioni ai risparmi delle persone. Paradossalmente ci stiamo indignando di più per i sacchetti della spesa che per l’azzeramento dei risparmi di centinaia di migliaia di risparmiatori. Ma se serve a svegliare la gente ben venga. Credo che con quest’ultima trovata, il Pd in crisi di consensi non farà che precipitare ancora di più a picco.
Intanto molti accusano Salvini di aver smesso i panni dell’anti-europeista e di aver archiviato la battaglia contro l’euro. Berlusconi insomma vi ha imposto il cambio di linea?
Non diciamo stupidaggini. Chi sostiene questo spera soltanto di lucrare qualche voto a scapito dei sovranisti. In realtà la nostra posizione contraria all’euro non è stata mai in discussione, è soltanto cambiato il nostro approccio al problema di fronte a condizioni oggettive che sono venute meno. Pensavamo che la strada maestra fosse una dissoluzione controllata insieme alla Francia e altri paesi, ma non essendo al momento più praticabile questa strada dovremo prepararci ad agire unilateralmente, e la cosa non è semplice. Richiederà una lunga preparazione che inizieremo una volta al governo.
Ma con il resto del centrodestra come troverete un accordo su questi punti vista la posizione di Forza Italia?
Fortunatamente la legge elettorale consente ad ogni partito, anche se in coalizione con altri, di presentarsi con il proprio programma e noi ci presenteremo con il nostro. Se il centrodestra unito avrà la possibilità di vincere le elezioni la direzione di marcia la darà il partito che alle urne avrà ottenuto più consensi. Questo mi sembra evidente. Gli elettori devono sapere che in una coalizione esistono sensibilità diverse, che votare Lega non è la stessa cosa che votare Forza Italia.
Intanto però Berlusconi dal notaio non è voluto andare come chiesto da Salvini: non sembra intenzionato ad impegnarsi prima del voto contro l’ipotesi di future larghe intese. Non è un segnale negativo?
Quella del notaio è stata una provocazione per mandare un messaggio, anche se poi tutto ciò si scontra con il dettato costituzionale che non prevede vincolo di mandato per il parlamentare. Non è che se si va dal notaio e si firmano patti, poi automaticamente le decisioni resteranno blindate. Era un modo per far capire agli elettori che il centrodestra è indisponibile ad alleanze diverse da quelle proposte agli italiani anche nel caso in cui il voto non consentisse di avere una maggioranza. In sede di sottoscrizione dell’accordo questo patto sarà ribadito a chiare lettere, non cederemo di un millimetro. Ad ogni modo il miglior modo per disinnescare l’eventualità di possibili futuri accordi con il Pd stile Patto del Nazareno, è dare più voti possibili alla Lega. Con il Pd in crollo di consensi dare più potere alla Lega significherà non consentire di avere i numeri sufficienti ai partiti del probabile Nazareno bis per costituire una maggioranza alternativa. E’ un fatto matematico prima che politico.