“E’ un maiale femmina. Si chiama Claretta Petacci”, doveva essere una battuta quella del comico Gene Gnocchi a ‘diMartedì’ durante il suo spazio comico che sostituisce quello di Maurizio Crozza, ma il riferimento all’amante di Benito Mussolini uccisa dai partigiani (dopo essere stata forse anche stuprata) non è piaciuta quasi a nessuno.
Già la lotta per la liberazione è stata macchiata dell’

Una donna con la colpa di essersi donata anima e corpo a un dittatore finisce così trucidata e martoriata insieme a lui e oggi Claretta Petacci viene presa in considerazione come “maiale” e questo accade come se nulla fosse.
L’uscita di Gene Gnocchi fa riflettere anche per questo: viviamo in un’epoca in cui pure un apprezzamento ad una donna può diventare “molestia sessuale” (quando invece come ha ben detto Monica Bellucci c’è differenza tra avances e violenza), e noi ci permettiamo di accostare l’immagine di una signora stuprata, massacrata ed umiliata ad un “maiale” che grufola tra i rifiuti di Roma? La condanna da parte delle donne deve essere netta.
Come può un conduttore come Giovanni Floris, sempre attento all’uso delle parole, non intervenire e condannare questa violenza verbale perpetrata nei confronti di una morta, e quanto rimbomba il silenzio delle femministe del #MeToo? Il dubbio è che per loro ci sia donna e donna, che non siano tutte uguali e con uguali diritti.
E allora diciamolo: abbiamo scherzato. Era un gioco, volevamo punire i maschi per la loro mascolinità, farli sentire sottomessi, perchè si sa il potere piace quando lo assaggi. E noi donne rischiamo di diventare le nuove capò-carnefici.