Boom dell’export, Rinaldi: “E’ grande bluff. Chi si arricchisce davvero”

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“Istat certifica boom dell’export italiano con un + 7,4%”. Il Pd esulta, mentre l’economista Antonio Rinaldi, intervistato da Lo Speciale smorza gli entusiasmi. L’economista no-euro, animatore del sito Scenari Economici spiega come questo tanto sbandierato boom dell’export in realtà si traduca in un bluff e di come a beneficiare della crescita siano soltanto i grandi capitalisti.

LEGGI L’ARTICOLO DE LO SPECIALE CON I DATI ISTAT SULL’EXPORT

Il Pd esulta per il boom dell’export italiano, ma in rete c’è chi parla addirittura di fake news. Come stanno realmente le cose? 

“Capisco che il Pd abbia necessità di ingigantire oltre misura questi dati trovandosi in profonda agonia, ma certamente non sbaglia chi parla di patacca elettorale. Gli italiani sperano che i vantaggi si trasformino in risultati concreti e visibili, e spesso e volentieri l’aumento dell’export altro non è che un utile appannaggio per i conti economici delle aziende. Nessun vantaggio è invece trasferito nell’economia reale. Io vorrei veder aumentati i consumi interni, cosa che non sta avvenendo,  e vedere la gente lavorare dignitosamente con stipendi in grado di mantenere le famiglie. Invece dobbiamo dire grazie al Pd se oggi ci fanno credere che l’occupazione aumenta pure se uno lavora un’ora a settimana. Più bluff di questo”.

L’aumento dell’export quanto incide sul costo del lavoro, sull’aumento del precariato e sulla riduzione dei diritti dei lavoratori?

“Sappiamo benissimo che la competitività in un sistema di cambi fissi come quello in cui si trova l’Italia grazie all’euro, passa soprattutto dalla svalutazione salariale. Quindi per poter essere competitive le aziende sono obbligate a comprimere i salari dei lavoratori. Basti vedere il dramma dell’Embraco di Torino per averne una prova. La multinazionale che ha rilevato l’Azienda ha deciso di delocalizzare la produzione in Slovacchia dove la manodopera costa meno. La Slovacchia poi utilizza i fondi europei che noi versiamo in misura cospicua. Cornuti e mazziati insomma. Paghiamo l’Unione Europea per far sì che poi la Ue destini queste risorse ai paesi che vengono a toglierci lavoro. Ecco perché questa Europa non ci piace e va cambiata”.

Chi è dunque che si arricchisce davvero?

“Mi sembra ovvio, si avvantaggia il grosso capitale, si avvantaggiano le multinazionali e il tutto a svantaggio delle piccole e medie imprese e dei cittadini. Ma questa ormai è prassi nel sistema europeo concepito proprio per favorire i grandi agglomerati. E’ il caso di ricordare però che il 90% del tessuto industriale italiano è delle piccole e medie industrie costrette a soccombere a queste regole europee”.

Nell’ottica dei neoliberisti però si risponde che chiunque potrebbe impiantare un’industria e fare impresa. Ma è davvero così facile oggi intraprendere un’attività imprenditoriale in Italia alle luce dei vincoli europei?

“Il mercato non si autoregola, ma ci deve essere il giusto equilibrio fra democrazia, Stato e mercato. Se ci sono degli squilibri nei confronti di uno soltanto di questi tre elementi ,allora salta tutto. Noi in Europa subiamo un deficit molto forte di democrazia e di presenza dello Stato rispetto allo strapotere che è stato invece concesso al mercato. Se si tornasse attraverso un intervento democratico dei cittadini, ossia con il voto, a ristabilire questo equilibrio restituendo allo Stato il ruolo di controllore e di arbitro, tutti ne ricaverebbero vantaggio”. 

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