Vi dico cosa dirà il Pd per giustificare il suo ingresso nel futuro governo. Basta declinare la “sindrome di Voltaire” dei suoi dirigenti (la pretesa religiosa di incarnare il bene, la democrazia, l’etica, la morale, la costituzione, la cultura, il progresso etc), e applicarla alla situazione attuale, estremamente complessa e liquida che porterà, salvo sorprese dell’ultima ora, al fallimento del giro di Peppe della esploratrice Casellati.
E con lei morirà miseramente lo schema “Centrodestra-5Stelle”, imposto “fino a venerdì” dal capo dello Stato per bruciare la possibilità di un accordo vero tra Di Maio e Salvini e per poter (furbescamente) guardare altrove. La comunicazione dem che segue servirà, infatti, a salvare capra e cavoli: superare la posizione intransigente, da Aventino, di Renzi e legittimare la nuova strategia, la nuova realtà, prevista e scritta dai “collisti”, gli uomini del Quirinale (Franceschini, Orlando, Gentiloni), e condivisa ormai sia dagli uomini del reggente Martina, sia dai capi dell’opposizione interna (Emiliano e company):
1) La sconfitta del 4 marzo, non è stato un fallimento del Pd, come politiche di governo, ma espressione di un doveroso riposizionamento voluto dal basso: “Il Pd – hanno detto tutti i suoi leader – ha semplicemente occupato il ruolo di opposizione che il popolo dem gli ha assegnato col voto”;
2) Fino al mandato esplorativo del presidente del Senato Casellati, il messaggio, poi, è stato interlocutorio: “Tocca ai vincitori esporsi, offrire il loro progetto e trovare i numeri”, ben sapendo che non ci sarebbero riusciti. Una comunicazione che li ha confermati nel ruolo centrale di dispensatori della democrazia, formalmente inattaccabili…. ma col trucco.
3) Ora, di fronte all’impasse “centro-destra 5Stelle”, e al “secondo forno” ipotizzato da Di Maio, hanno suddiviso la loro tattica in due fasi. “Fase a”, ancora no al corteggiamento, ma intanto hanno lanciato al paese “3 punti di interlocuzione (lavoro, crisi economica e famiglia)”. Guarda caso tre punti presi dal programma elettorale del 4 marzo. E poi, lanciarlo in circuito per cosa? Per iniziare a costruire un ponte… Fase, b, “noi siamo e saremo comunque responsabili”. Prove tecniche di passaggio dall’Aventino al collaborazionismo;
4) E di fronte all’impasse della Casellati, e all’ulteriore segnale di Di Maio (teorema Toninelli: “Combattiamo insieme per sconfiggere la povertà”) il cerchio dem si è chiuso: “Non siamo la ruota di scorta dei grillini, ma se ce lo chiede il presidente…”.
Ecco la verità, ecco caduta la maschera: non parteciperanno al governo con Di Maio in qualità di ruota di scorta, ma (è sempre la sindrome di Voltaire che trionfa), ma in qualità di salvatori della patria. Martina e soci diranno che “di fronte all’incapacità di grillini e leghisti di formare un governo, e di fronte alle loro schermaglie da prima repubblica, loro sono seri, e responsabili”. E così prenderà forma il governo 5Stelle-Pd, con buona pace dei vincitori reali del 4 marzo.
E l’alibi dei perdenti elettorali (il Pd) sarà: “In fondo siamo soltanto il secondo partito in termini numerici”, e che “glielo ha chiesto il presidente (della serie, vinciamo anche quando perdiamo)”.
Esattamente come il popolo italiano che fino a una settimana aveva chiesto loro di stare all’opposizione.
E ora il capo dello Stato chiede loro di andare a Palazzo Chigi.
E’ la comunicazione dei perfetti, dei buoni e dei giusti.