Il dono di Alfie: i miti di progresso sono classisti, disumani e di mammona

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La famiglia di Alfie ha chiesto il silenzio e la parola fine sulla vicenda mediatica che riguarda il loro figlio che tanti doni ci ha dato. Noi ovviamente rispettiamo tale scelta, che riteniamo comunque vincente, e che lascia supporre un accordo positivo con l’ospedale. Vedremo. Ma ciò che conta è un’ultima considerazione riassuntiva sulla vicenda da estendere a chi è impegnato nella difesa e affermazione dei valori antropologici.

Il caso Alfie Evans (tralasciando tutte le considerazioni sulla sanità inglese, l’ospedale, le sentenze sbagliate che antepongono il formalismo astratto, l’ideologia, alla dignità umana, lo scippo perpetrato da Stato, giudici e medici a danno della famiglia), ci ha insegnato tante cose, che hanno a che vedere col fallimento oggettivo dei miti di progresso, su cui dovrebbe reggersi l’umanità del futuro: si legga definitiva laicizzazione della società ispirata al modello Nord-Europeo, nei suoi aspetti culturali ed economici.

E’ la rete dei credenti (parafrasando Chesterton), che ci ha offerto un’illuminante chiave di lettura. Una rete afflitta, colpita, dolorante, ma combattente, in piedi e non ammutolita: Alfie è un dono di Dio, ci sveglia dal torpore, ma “dobbiamo urlare prima del danno, non dopo”.

1) Col caso Alfie (che vive “con” l’ausilio delle macchine, non “grazie” alle macchine: la differenza non è da poco), ma già con Charlie Gard, il buonismo finto-compassionevole, che ti uccide per il tuo bene, ha svelato la vera identità. E’ caduta la maschera: è una cultura di morte che mira a rovesciare il bene col male, il falso col vero, con una neo-lingua pericolosissima che sta addormentando le coscienze (l’utero in affitto non è “maternità solidale” o “gestazione per altri”?; il tema ricorrente dei cittadini sul caso Alfie non è “lasciatelo in pace”, “basta accanimento”, “non è giusto farlo soffrire ancora” etc?). Infatti, “l’interesse superiore del bambino” (mantra delle sentenze inglesi anti-Alfie) sarebbe diventato ucciderlo, è diventato sopprimere gli inguaribili, ma non incurabili (cioè tutti i disabili), è diventato infierire sui fragili e deboli; i genitori sono stati macchiettizzati, ridicolizzati e demonizzati: li hanno trasformati in folli attaccati “all’idea passata e romantica” di figlio mitizzato, che non accettano la realtà. L’interesse superiore del bambino è diventato non fargli fare il viaggio a Roma, al Bambin Gesù, per non vederlo soffrire (perché si preoccupano, tanto deve morire comunque?); è diventato obbligarlo ad una morte terribile, di fame e di sete, soffocato nel suo stesso respiro, ma sempre, naturalmente, per il suo bene. E nemmeno il fatto che sia sopravvissuto 48 ore senza macchine ha convinto medici e giudici a recedere…. Dottori, giudici impegnati a sottrarre alle famiglie i piccoli, nel nome di un’ideologia?

2) La verità è che quando si toglie Dio dalla storia degli uomini, gli uomini (dal peccato originale alla cultura massonica) diventano o si credono Dio: eugenetica, clonazione, totalitarismo ideologico, etico e democratico etc, sono gli inevitabili frutti. La cultura laicista si scopre disumana (Alfie Evans docet) oltre che debole con i forti, forte con i deboli. La famiglia del bambino non è ricca, non appartiene alla casta, quindi è solo carne da macello (da dare in pasto alle regole, alle sentenze, alla stampa, all’ingiustizia e all’ingranaggio); così come i bambini poveri, gli anonimi del mondo, sono prede del mercato degli organi, a beneficio dei ricchi e potenti. Il cristianesimo è interclassista (il bene è per tutti), il laicismo è classista (il bene è per pochi). Si pensi agli ospedali: in quelli cristiani c’è il diritto alla vita (il giuramento di Ippocrate), in quelli dello Stato liberale, questo diritto sta appartenendo sempre più a chi ha i soldi e per gli altri c’è unicamente il dovere di morire, quando sono un costo, un intoppo, una complicazione, un fastidio per le famiglie e per la società (la neo-lingua definisce tale filosofia, studio delle “aspettative di vita”, le strutture sanitarie sono aziende);

3) I valori naturali vengono sostituiti dal business: tutto ridotto a cose, a merce. Ed ovviamente anche la sanità non sfugge a tale logica (il debito al centro e non la persona, in futuro la privatizzazione). Ed ecco che l’eutanasia di Stato, diventa la strada più facile per “semplificare” e risparmiare, e ogni mercato (di organi) può diventare lecito. Se non c’è Dio, c’è il dio denaro. L’ingranaggio, tra l’altro, di de-finanziamento del sistema sanitario inglese ha prodotto la cifra di 17miliardi di sterline annue come profitto per le casse statali. Una politica senza scrupoli che necessita di una cultura a sostegno: gli inguaribili, ma non incurabili che devono essere soppressi, i deboli e i fragili che devono essere uccisi senza perdita di tempo e sprechi.

E pensiamo veramente che Alfie possa competere col mostro che è entrato in azione? Un mostro che, come ha denunciato Mario Adinolfi, qualcuno vuole traghettare da noi, culla del cristianesimo (sempre più circondato dal laicismo disumano): si legga l’emblematica intervista a Repubblica del professor D’Avack, di formazione cattolica, e presidente del Comitato nazionale di bioetica, che considera l’accanimento terapeutico come unico metro, fondamentale anche da noi, per orientare le politiche di fine vita;

4) La scienza – va ribadito – non è esatta. Anzi. Sempre il dramma del piccolo Alfie ha confermato la sua relatività e caducità. E’ una materia sperimentale, soggetta sempre a variazioni, contraddizioni, cambiamenti, nel bene e nel male. Alfie doveva morire a mezz’ora dal distacco delle apparecchiature, invece ha resistito 48 ore, dimostrando la scarsa attendibilità dei dogmi scientifici, specialmente quando smettono di essere scientifici, sperimentali e vengono considerati alla stregua di una religione. Le persone sono persone non diagnosi mediche;

5) Infine, “l’urlo che va fatto prima e non a cose fatte”, rimanda ad una dimensione che i credenti devono recuperare al più presto. Non possono rassegnarsi a subire passivamente le narrazioni, le ingiustizie del sistema, astraendosi dal contesto, dalla missione, dalla realtà in cui vivono, rifugiandosi in un intimismo individuale che nega in partenza la testimonianza della verità e del bene comune. Il riferimento è alla dimensione pubblica che non deve essere più lasciata all’occupazione altrui, al nuovo nazismo democratico. Oggi i valori antropologici, la lotta tra la cultura della vita e della morte, tra il bene e il male, il falso e il vero, diventeranno sempre più centrali e fondamentali per sopravvivenza del genere umano.

Come per il Family Day italiano: doveva essere la spinta e il cuore per un ritorno dei credenti ad un impegno civile concreto (la politica è la prima forma di carità), non il ruggito del topo, il comizio del perdente, che urla appunto, a fronte di un’ingiustizia, creata da cattive leggi che alterano e inquinano il costume (unioni civili, biotestamento, divorzio breve, per non parlare di legalizzazione delle droghe, matrimoni egualitari, eutanasia, gender nelle scuole, adozioni gay, utero in affitto; leggi in cantiere). Dalla Francia all’Inghilterra i credenti possono e debbono mettersi alla guida di una battaglia antropologica a 360 gradi. E per questo ci vuole impegno, coraggio e formazione culturale. Passando dalla difesa all’attacco. Tutti insieme si spera.

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