Se la “politica fatta per i figli” viene annunciata urbi et orbi dalla sinistra, è da statisti, da uomini di Stato contro i populisti che “giocano sulle paure e le peggiori pulsioni della gente”. Se l’evocazione parte da Salvini, invece, è bieca strumentalizzazione; è la parodia o la pubblicità di una concezione della famiglia che, tra l’altro lui, sul piano autobiografico (affermano i suoi avversari), non vive regolarmente. Quindi, Salvini uomo-spot, senza sostanza. E sul caso Gregoretti starebbe recitando un copione farsesco.
Il caso in questione (la nave militare con a bordo 132 migranti rimasti in mare per 4 giorni prima di ottenere il permesso di sbarco), ha vissuto anche questo, oltre a una strana eterogenesi dei fini. La cronaca è nota ed è dell’altro giorno: via libera del Senato al processo contro il Capitano, cioè l’autorizzazione a procedere contro di lui presentata dal Tribunale dei ministri. 152 sì e 76 no.
Ma la cosa più divertente è che abbiamo assistito alla ulteriore rappresentazione plastica della liquidità della politica: le famose geometrie variabili.
Il governo giallorosso è nato smentendo parole, idee, ricette, del governo gialloverde. Fin qui tutto legittimo, ma il tema è che a formarlo sono stati gli stessi attori che prima si combattevano: “Mai col Pd, partito di Bibbiano”, gridava Di Maio; “mai con i manettari grillini”, tuonava Zingaretti. Renzi, addirittura era sparito dalla circolazione, morto dopo il suo referendum perso.
E la vicenda della nave Gregoretti, è stata la punta dell’iceberg. Oltre al fatto che si è consumata una vendetta trasversale. E’ ovvio e del tutto evidente che i pentastellati si siano vendicati di Salvini per il tradimento estivo. Col plauso di Conte, che ormai considera il leader della Lega come un demonio. Un nemico personale. Non si comprende perché per altri casi (ad esempio, la Diciotti) i medesimi attori abbiano messo al centro la corresponsabilità istituzionale delle scelte del governo (politiche istituzionali, per il bene e la sicurezza dei cittadini); e ora invece sarebbe diverso.
Gli interessi nazionali, i confini, non si difendono a giorni alterni.Quindi, per il premier e i grillini sarà molto difficile continuare su questa strada. Sostenere pubblicamente una versione così contraddittoria.
Ma, tornando al voto, abbiamo parlato di eterogenesi dei fini: la Lega prima ha fatto quadrato in difesa di Salvini, ossia, il no al processo. Poi, ha deciso di mandarlo a processo, avallando il sì (la delegazione senatoriale del Carroccio è uscita dall’aula).
Mentre Fi e Fdi e sinistra hanno confermato la loro posizione. Su tali basi come si potrà ricostruire il centro-destra? Già alle prese con la storia complessa dei candidati governatori da votare alle prossime regionali?
E Salvini, come ha avvertito la sua ex-ministra Bongiorno, non canti vittoria. Può vincere, recuperare terreno sul piano del consenso, dei sondaggi (il vittimismo paga), ma rischia una estenuante battaglia burocratica, che alla lunga, potrebbe logorarlo.
E la Bongiorno è una che la sa lunga: il processo Andreotti durò una vita.
Un’ultima considerazione: se la procura di Catania (Carmelo Zuccaro) ha già negato l’esistenza di un reato, come mai si torna a bomba (la decisione finale dopo l’udienza davanti al gup)? Pure qui una tragicomica eterogenesi dei fini.