Riaprono oggi le scuole in Italia, dopo che è arrivato il semaforo verde da parte del Comitato tecnico Scientifico. Ma il rientro non avverrà in modo pressochè uniforme. Dipenderà dal colore delle regioni di appartenenza e dalle decisioni che prenderanno i governatori.
Nelle zone rosse sarà attuata la didattica a distanza dalla seconda media in su, mentre nelle zone arancioni e gialle si andrà in presenza fino alla terza media, e per le superiori almeno al 50 per cento e fino a un massimo del 75 per cento degli studenti in aula.
Oggi la campanella suonerà nuovamente nel Lazio, in Molise, in Piemonte (al 50%), e in Emilia-Romagna. Dovranno attendere invece il 25 gennaio gli studenti delle superiori in Umbria, in Campania, in Liguria e Puglia. Restano invece chiusi fino al primo febbraio gli istituti superiori di Marche, Calabria, Basilicata, Sardegna, Veneto, Friuli Venezia Giulia.
Il Comitato tecnico Scientifico è stato lapidario, scrivendo nero su bianco che le Regioni che non faranno ripartire la didattica in presenza se ne assumeranno la piena responsabilitòà.
Nel verbale approvato al termine della riunione è scritto: “Il Cts, dopo ampia condivisione ed in coerenza con quanto già espresso nelle sedute precedentemente richiamate, evidenzia – come rappresentato anche durante la seduta n. 145 del 15/01/2021 – che l’attuale incremento registrato dell’incidenza di nuovi casi è stato comunque contenuto grazie alle misure di mitigazione adottate, pur osservandosi una significativa differenza tra la realtà regionali, alcune delle quali connotate da elevata circolazione virale”. Quindi nessun rischio, si può tornare sui banchi di scuola seppur scaglionati e con adeguate turnazioni.
Secondo il coordinatore del Cts Agostino Miozzo, non soltanto il ritorno in classe è possibile ma necessario, lanciando un vero e proprio grido d’allarme dalle colonne del Corriere della Sera: “Se qualche presidente ritiene che nel suo territorio non esistano le premesse per garantire la ripresa in sicurezza delle scuole, può adottare misure più restrittive. Per quanto ci riguarda la scuola dovrebbe essere una priorità oltre che un diritto” Miozzo poi evidenzia come “gli studenti del «quarto e quinto anno delle superiori rischiano di saltare quasi un anno di lezioni in presenza, e gli iscritti al primo anno di università non vedranno aule e professori. Questo significa che un’intera generazione di giovani si affacceranno al mercato del lavoro con un buco di apprendimento e di esperienza devastanti che peserà sul loro futuro”.
Ma i timori sono tanti anche perché la comunicazione è carente, contraddittoria, piena di ambiguità. E non è facile far capire alla gente che si riaprono le scuole nel momento in cui quasi tutta l’Italia finisce in zona arancione, viene cioè classificata a “rischio medio” al punto da vietare gli spostamenti fra comuni, con gli studenti pendolari che dovranno raggiungere gli istituti muniti di autocertificazione.
In secondo luogo c’è il problema delle vaccinazioni, di quando e come gli studenti potranno essere vaccinati mentre resta un mistero perché non si sia data la precedenza anche ad alunni ed insegnanti. Infine poi c’è la totale insicurezza per ciò che riguarda i mezzi di trasporto che restano un pericoloso veicolo di trasmissione del virus come avvenuto in settembre, con il primo tentativo di riapertura delle scuole superiori, quelle appunto maggiormente interessate dal pendolarismo giornaliero. Ma è altresì vero che sarebbe oltre modo inaccettabile continuare con la didattica a distanza che, al di là della buona volontà e dell’impegno di tutti, non ha funzionato affatto. Mentre aumentano le denunce di medici e psicologi sui rischi della stessa Dat, sia dal punto di vista della salute a causa delle troppo ore davanti al Pc, sia dal punto di vista psicologico a causa dell’isolamento e della riduzione delle relazioni sociali che la scuola è invece chiamata a favorire e sviluppare. C’è chi ha parlato di “autismo funzionale”, ovvero del pericolo che gli studenti finiscano con l’autoemarginarsi, fino a pensare che il contatto con i compagni di classe sia un pericolo da evitare.
Ma vediamo come sui social gli utenti hanno reagito alla decisione del governo.
#scuolasicura #scuoleaperte ho l’impressione che riteniamo i ragazzi delle #superiori dei dementi incapaci di rispettare gli altri seguendo le regole di sicurezza che TUTTI dovremmo rispettare. I contagi avvengono fuori, altrimenti dopo tanta chiusura ne avremmo ancor meno
— Sabri (@BaciSabri) January 18, 2021
Ma dico io aprire le scuole tutti insieme alla stessa ora ma vuoi fare scaglioni soprattutto il liceo fanno entrare alle nove oggi il delirio #zonaarancione #COVID19 #scuoleaperte @GiuseppeConteIT @AzzolinaLucia @romafaschifo @RiprendRoma @Roma
— MoMi Fru (@momi_fru) January 18, 2021
Riepiloghiamo: 1. #scuoleaperte è la priorità assoluta per il futuro dell’Italia. 2. Prima di arrivare a chiudere la scuola, si deve mettere in #lockdown ogni altra attività. 3. Le Regioni non devono avere voce in capitolo. Non è chiaro? @AzzolinaLucia @F_Boccia @pdnetwork https://t.co/sKMFWABipG
— Luca Ferraris (@LucaVM_Ferraris) January 17, 2021
Se non mi dimostrate scientificamente che tenere aperte le scuole è pericoloso continuerò a chiamarvi delinquenti ogni giorno che le vedo chiuse. #scuoleaperte
— Niccolò Caramatti (@ncaramatti) January 17, 2021
#ignoranza questo è quello che vogliono, per controllarci meglio e farci bere qualsiasi fake-news.. #scuoleaperte
— Marina Scrobogna (@MScrobogna) January 17, 2021
Da genitore non ho mai avvertito da parte delle istituzioni e dei media, il tentativo di coinvolgere gli studenti, soprattutto gli adolescenti, nella lotta alla pandemia. Spesso sono stati solo accusati e dimenticati e accusati nuovamente…#scuoleaperte #scuola #teenagers
— Arjuna Cecchetti (@ArjunaCecchetti) January 18, 2021