La Lega è pronta a sostenere il nuovo governo a guida Mario Draghi e i media da giorni stanno parlando di “svolta europeista” di Salvini. E’ dunque definitivamente archiviata la stagione del sovranismo? Ad alimentare il dibattito anche un’intervista dell’economista e senatore Alberto Bagnai attestato da sempre su posizioni euroscettiche e molto critiche nei confronti dell’Unione europea e dei suoi meccanismi, che ha in pratica dato semaforo verde al premier incaricato, mettendo a tacere le voci di un dissenso interno alla Lega da parte dei sovranisti. E a dare manforte contro la narrazione di una Lega che avrebbe cambiato pelle e posizioni nei confronti dell’Europa per salire sulla barca di Draghi, è oggi l’economista ed europarlamentare Antonio Maria Rinaldi, le cui posizioni nei confronti della Ue e della politica monetaria sono state in questi anni allineate a quelle di Borghi e di Bagnai.
Condivide l’intervista di Alberto Bagnai e la sua apertura a Draghi? La stagione dell’antieuropeismo leghista a questo punto è al tramonto?
“Guardi, è arrivato il momento di smontare questa assurda narrazione che i media del pensiero unico hanno divulgato in questi anni e che è assolutamente infondata. In pratica tutti coloro che non erano perfettamente allineati al pensiero omologato dell’Unione Europea, finivano automaticamente nel calderone degli antieuropeisti. Quindi tutti quelli che erano supini alla Ue venivano etichettati come europeisti, mentre tutti coloro che muovevano critiche, non all’Europa unita ma alla sua governance, venivano denigrati come nemici dell’Europa. Peccato che oggi questa narrazione sia superata dai fatti, dal momento che anche la stessa presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen dovrebbe essere tacciata di antieuropeismo in base a questi criteri. Se è vero che si è deciso di sospendere le regole di bilancio, forse è perché si sono resi conto che in questo momento sarebbero controproducenti. E’ stata proprio la Von Der Leyen a battersi per bloccare queste regole dando ragione a chi, come Borghi e Bagnai, hanno sempre sostenuto che erano un ostacolo alla crescita. Pertanto se non è antieuropeista la Von Der Leyen, a maggior ragione non lo siamo nemmeno tutti noi che abbiamo sostenuto per anni le stesse cose”.
Però l’uscita dall’euro è stata effettivamente nel programma elettorale della Lega. E’ ormai definitivamente archiviata come prospettiva o è soltanto tatticamente congelata?
“Questo è un punto molto delicato che non può essere affrontato con improvvisazione o a colpi di slogan. La prospettiva dell’uscita dall’euro era la soluzione più estrema di fronte a quello che appariva l’immobilismo dell’Europa e di una governance che non conosceva altra lingua che quella di alzare muri e di rifiutare ogni proposta contraria al principio dell’austerità. Oggi però fortunatamente possiamo dire che molte cose stanno cambiando e la revisione delle regole non è più un dogma indiscutibile. Anzi, oggi la maggioranza delle forze politiche che compongono l’Europarlamento è dell’idea che le regole vadano profondamente riviste e si sta andando in questa direzione. Non esistono più dogmi intoccabili, e questo anche grazie all’azione della Lega. Prima invece era praticamente impossibile anche soltanto chiedere di discutere una revisione dei meccanismi. Per altro lo stesso Mario Draghi, nel celeberrimo discorso di Rimini dell’agosto scorso, ebbe l’onestà di riconoscere che molte delle critiche contro la governance europea erano precise e in parte anche giustificate e che fu un errore tacciarle di populismo. Anche lui adesso è un pericoloso populista?”.
Quindi dalla Lega nessun imbarazzo a sostenere Draghi, ex presidente della Bce e comunque ex rappresentante della troika?
“Draghi è l’unico che può contribuire a cambiare le regole europee e a rivedere tutta l’architettura della Ue e delle politiche di bilancio. A noi sta molto a cuore il destino dell’Italia e quindi chi può aiutare concretamente il nostro Paese è sempre benvenuto”.
Come giudica l’imbarazzo del Pd di fronte a quella che al Nazareno è stata interpretata come la svolta europeista della Lega e il conseguente sostegno al nuovo governo?
“E’ la prova che i veri antieuropeisti sono coloro che in passato si sono sempre chinati di fronte ai diktat che arrivavano da Bruxelles e non hanno fatto mai nulla per cambiare regole sbagliate e fallimentari che oggi tutti vogliono superare”.
A questo punto c’è da aspettarsi un vostro riposizionamento anche nell’Europarlamento? Vi allontanerete dalle posizioni del Fronte Nazionale di Marine Le Pen e vi sposterete verso l’area moderata?
“Anche questa credo sia una banalizzazione frutto della narrazione mediatica. La Le Pen non dice nulla di diverso da noi, anche lei si batte per cambiare le regole europee. Oggi questo è possibile, e paradossalmente è forse l’unico merito da riconoscere alla pandemia che ha permesso a tanti di aprire gli occhi e capire che non si poteva andare avanti con la politica del rigore assoluto. Tutte le forze politiche, seppur con sfumature diverse, hanno maturato la convinzione che i meccanismi fin qui adottati sono da modificare per garantire in primo luogo la sopravvivenza della stessa Ue. Il voltafaccia lo hanno fatto quelli che fino ad ora andavano a Bruxelles con il taccuino in mano per prendere gli ordini, non noi che da sempre sosteniamo di cambiare le regole”.
Non teme che con il sostegno al governo la Lega possa perdere consensi, partecipando a quella che da più parti viene definita “l’ammucchiata” pro Draghi?
“Agli italiani in questo momento interessano cose pratiche. In primo luogo che ci sia un efficiente e sicuro piano vaccinale per poter superare l’emergenza pandemica e tornare presto alla normalità; che sui fondi del Recovery Fund venga stilato un piano nazionale adeguato molto diverso da quello predisposto dal governo uscente che fa acqua da tutte le parti; che a fine marzo si trovino soluzioni allo sblocco dei licenziamenti; che possano arrivare i giusti ristori alle categorie devastate dalla pandemia. Le priorità sono il rilancio dell’economia e del lavoro per impedire che centinaia di aziende in crisi possano fallire. Se con il contributo di tutti riusciamo a rispondere a queste necessità avremo vinto e saremo premiati anche in termini elettorali. E’ evidente che noi saremo sempre vigili e faremo in modo che il programma di governo non vada a tagliare posti di lavoro, ad imporre patrimoniali e ad aumentare le tasse. In questo modo non vedo proprio perché gli elettori dovrebbero punirci”.