Cosa ha detto mai di male, di diabolico, di esecrabile, di sconveniente, di politicamente e culturalmente scorretto, il leghista Claudio Borghi?
Uno scandalo inconcepibile, un orrore, tanto da suscitare la reazione indignata di Enrico Letta, capostipite dei “professionisti dell’umanità”, dei portatori insani della “sindrome di Voltaire”, la pretesa cioè, di incarnare il bene, l’etica, la morale, la democrazia, il progresso, la civiltà, la cultura, l’ecologia, i diritti: “Dovremmo negoziare con questi?”. Quindi, scomunica etnica e confinamento in qualche campo di rieducazione democratica?
Scherzi a parte, a me sembra di vivere in un altro pianeta, con gente che ha cambiato radicalmente modo di pensare, ha alterato il cervello, rovesciato il criterio del bene e del male, il valore delle parole. Non ha più parametri degni di nota.
Lo scenario è ovviamente il Ddl Zan, diventato ormai il teatro di ogni rivendicazione, di ogni polemica, di ogni fiaba contrapposta.
Da una parte, i sostenitori della mistica che “ogni desiderio deve obbligatoriamente diventare in diritto”. Dall’altra, i moderati, che cercano un senso, dove senso non c’è.
E’ da mesi (da quando è scoppiata la pandemia), che ad ogni panel tv, a ogni intervista, si deve passare sotto le forche caudine della nuova religione dello Stato “etico sanitario”. La domanda di adesione religiosa al dio-vaccino, che puntualmente conduttori e giornalisti fanno, è se si è vaccinati o no, con tanto di prova allegata (foto, messaggio social, immagine facebook etc), altrimenti non ci credono. Se la risposta non è enfatica, documentata, immediata, scatta immediatamente e inesorabilmente de iure e de facto la ghigliottina ideologica: “Sei un no-vax, un untore, un reietto, un ignorante, un fascista, un irresponsabile, un delinquente. E’ colpa tua se la variante Delta sta colpendo, se la gente continua a morire di Covid, se la nazione non riparte”.
Mentre loro i “responsabili”, stanno architettando l’ultimo strumento di pressione di massa, il green pass, imponendo la vaccinazione a tutti: prof, studenti, bambini, lavoratori, poveri dei centri per poveri etc.
Col consenso dei “soloni in camice bianco”.
Borghi, subissato da domande quotidiane sul vaccino fatto o non fatto, evidentemente si è stancato. Ha voluto dire basta. E non volendo rispondere come Cacciari alla Gruber, “sono ca…zi miei”, ha tentato di allargare il concetto a un principio generale: “Vogliono sapere se ho fatto il vaccino (polemica soprattutto con i giornalisti)? Agli Lgbt chiedono mai se sono sieropositivi?”. Risposta pertinente. Il diritto alla privacy vale per tutti. Se si sconfina, se si perde il limite delle libertà costituzionali e regole dall’alto, al punto che c’è un processo di Norimberga mediatico, politico e sociale se si deborda, a questo punto l’esame deve essere esteso a 360 gradi, senza limiti di censo, classe, categoria, sesso, opinioni politiche, religiose etc. Così chi vuole capire capisce.
Se il tema è l’untore, il contagio, allora pure i sieropositivi, tutti compresi (omosessuali, eterosessuali, bisessuali), vanno certificati, controllati a vista. Per loro invece, vale la riservatezza, perché di moda?
Ma sarà mai pubblicata anche per loro, sul primo giornale italiano, come letto ieri, una sorta di lista di proscrizione, con foto allegate, distinguendo tra chi si è vaccinato e chi no?
Ce ne vorrebbero mille di Borghi.