“Matteo Salvini e i governatori mettono alla porta i no vax, bocciata la linea di Claudio Borghi”. Questo il titolo di Libero, il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti che scrive di come nel Carroccio sia in atto un forte pressing da parte soprattutto dei governatori per isolare il parlamentare no green pass, ormai definito un eretico. Abbiamo raggiunto Claudio Borghi e gli abbiamo chiesto un commento sulle ultime polemiche.
Libero titola che la sua linea è stata bocciata dalla Lega, che lei è isolato e che Salvini e i governatori vorrebbero addirittura metterla alla porta. Come risponde?
“Mi sembra inutile ogni commento. Si tratta di una campagna di stampa ad personam di cui francamente mi onoro. Se il direttore Sallusti ha deciso di unirsi alle più prestigiose firme del Corriere della Sera, del Foglio e di altri quotidiani che scrivono pressappoco le stesse cose, vuol dire che ciò che faccio è scomodo. E se è così io vado avanti”.
Le piace sinceramente essere definito no vax, considerando che ormai questo termine è diventato una sorta di stigma sociale?
“Credo che ormai tutti abbiano capito perfettamente il gioco. Si vogliono soltanto criminalizzare posizioni che in tutto il mondo sono legittime e oggetto di discussione, mentre da noi sono messe al bando. Uno spettacolo già visto. Del resto non mi hanno definito per anni un no euro? Ormai mi sono abituato”.
Ma lei si sente o no un no vax?
“Non ci sto a questo gioco delle semplificazioni. Se io dicessi che è da irresponsabili dare una bottiglia di vino ad un dodicenne, diventerei automaticamente un no vino? Bene, io ritengo che un minorenne dovrebbe essere esentato dall’obbligo del green pass come sostengono del resto le commissioni scientifiche inglesi che dispongono del maggior numero di dati sull’efficacia dei vaccini, essendo l’Inghilterra il Paese che ha iniziato le vaccinazioni prima degli altri e ha quindi la possibilità di confrontare i numeri e redigere le statistiche più affidabili. L’esenzione dei minorenni è il primo e più importante emendamento che abbiamo presentato in commissione. Non mi pare che sia questo un argomento da no vax. Analogo discorso vale per l’obbligo del green pass e tutte le sue possibili estensioni”.
Perché è contrario?
“Quanti Stati hanno il green pass? Il fatto che l’abbiamo noi e la Francia non significa che sia la cosa migliore. Bisogna ragionare con i numeri alla mano. La Francia e la Spagna hanno iniziato a discutere di imporre l’obbligo del green pass in contemporanea. In Spagna i tribunali sono subito intervenuti e hanno dichiarato i green pass illegali dopo che alcune municipalità li avevano imposti in autonomia. In Francia invece l’obbligo è più duro del nostro. In quale dei due paesi i contagi sono diminuiti di più? Guarda caso in Spagna dove l’obbligo non c’è. Prima di bollare qualcuno come no vax forse sarebbe il caso di discutere obiettivamente. Io poi non sono mai stato contrario ai vaccini. Ho sempre consigliato agli ultra sessantenni di vaccinarsi e lo ribadisco anche adesso, perché credo che con i vaccini si possano limitare per i più anziani gli effetti gravi del Covid. Non mi pare di essere un no vax”.
Anti euro, anti Unione Europea, adesso anti vax. La sua sembra proprio una carriera da “anti tutto”.
“Mi hanno sempre definito anti, ma in realtà sono stato sempre pro. Ad esempio sono stato ‘pro cambi flessibili’ ma invece di discutere i vantaggi della mia proposta nel merito hanno preferito etichettarmi come anti euro. Ho passato una vita a ripetere che la Banca Centrale doveva garantire il debito pubblico e che lo spread era una costruzione politica. Oggi lo pensano tutti, ma all’epoca tornava utile demonizzarmi come stanno facendo oggi con i vaccini. Abbiamo il debito schizzato al 160% e lo spread a zero perché la Banca Centrale fa oggi quello che io ho sempre proposto di fare”.
Ma lei si sente un eretico nella Lega?
“In un partito, fino a prova contraria, c’è un segretario che detta una linea politica e chi l’appoggia a casa mia si chiama ortodosso, non eretico. Poi è normale che all’interno di una forza politica vi sia una discussione su temi che per altro non sono stati oggetto di campagna elettorale e non sono stati discussi e approvati nell’ambito di congressi o assemblee perché piombati nel dibattito in modo imprevedibile ed inaspettato. Nessuno aveva previsto il Covid e tutto quello che ne sarebbe scaturito. Io prendo atto e riconosco che nella Lega ci sono colleghi favorevoli all’obbligo del green pass e sono anche contento di poter discutere e confrontarmi con essi. Non è mio costume tramare nell’ombra.”
Alcune settimane fa di fronte alle critiche dei governatori leghisti lei disse che avendo tutti il suo cellulare avrebbero potuto chiamarla e manifestarle direttamente le riserve circa la sua partecipazione alle proteste. L’hanno chiamata?
“Vede, in molte circostanze io ho difeso i governatori della Lega, come Zaia per esempio, quando venivano attaccati o travisati. Confermo quello che ho detto, ovvero che il mio telefono è sempre accesso per i governatori o per i colleghi che hanno delle obiezioni da rivolgermi”.
Dica la verità, ma secondo lei è stato utile entrare nel governo Draghi? O forse la Lega farebbe meglio a defilarsi?
“Non confondiamo i vari piani. Con il green pass Draghi alla fine c’entra poco. In commissione, dove ho avuto modo di discutere e confrontarmi con i rappresentanti di tutti i partiti, è emersa una larghissima maggioranza a favore dell’obbligo. Draghi non può che prenderne atto e seguire la volontà della maggioranza. Purtroppo in Parlamento i numeri sono dall’altra parte”.
Quindi resta la fiducia nei confronti dell’esecutivo?
“L’utilità di Draghi non si misura sul green pass ma su due diverse basi. Innanzitutto considerando chi c’era prima, e io preferisco di gran lunga un Presidente del Consiglio che ritengo valido pur non pensandola esattamente come me, rispetto ad uno come Conte che giudico del tutto inadeguato e che ha dato prova di essere un pessimo premier. L’alternativa a noi più gradita erano le elezioni, ma è inutile insistere nel chiedere ciò che non è possibile ottenere. Il secondo parametro su cui misurare Draghi sarà il cambio del patto di stabilità e di crescita. Tutto ruota intorno a questa questione essenziale. Se nel 2023 dopo le elezioni si ritornerà alla situazione pre Covid, si riproporranno gli stessi vincoli di bilancio e si determineranno i problemi del passato ancora più aggravati dalle conseguenze della pandemia, allora dovremo ammettere che la parentesi di Draghi sarà stata del tutto inutile. Lo scopo primario di avere a capo del governo una personalità di rilievo internazionale come lui è quello di superare il patto di stabilità, se ciò non avverrà è ovvio che questo scopo non sarà stato raggiunto”.